Nelle carte segrete di Mario Cal la storia oscura del San Raffaele

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MILANO – La storia occulta del San Raffaele, almeno una parte, è scritta nelle carte lasciate da Mario Cal. Lui viveva in via Della Spiga a Milano, un appartamento che il potentissimo amministratore della clinica fondata da Don Luigi Verzè si era comprato nel tempo. I suoi vicini di casa erano gli stilisti Dolce e Gabbana e lì, prima di spararsi a metà  luglio, ci parcheggiava le sue auto, dall’ultima Mercedes alla Ferrari, l’unica sua debolezza insieme all’altra, quella di non sapere dire di no a chi lo aveva portato a godere di quei lussi.
Il vero “no” a Don Verzè è arrivato con il suo gesto estremo, accompagnato da un messaggio non scritto, ma che è apparso tanto chiaro e lucido da non poter essere interpretato diversamente. In via della Spiga Cal ha lasciato solo un paio di lettere, una alla segretaria e l’altra alla moglie. La storia occulta del San Raffaele, invece, l’ha fatta trovare in una sperduta villetta in Brianza, a Bernareggio. Quando gli inquirenti hanno aperto la porta di quella seconda dimora hanno trovato un archivio di documenti cartacei sufficienti per scrivere la storia parallela del San Raffaele. La clinica, la sua eccellenza, la ricerca scientifica sono il lato in chiaro della vicenda, la parte oscura invece parla di consulenze e fatture inspiegabili, di aerei e di joint venture che obbedivano ad altre regole rispetto a quanto ci si aspetterebbe da una struttura sanitaria modello.
È come se Cal avesse raccolto e selezionato le operazioni sospette, archiviate in attesa che qualcuno venisse a prenderle. Tutto rigorosamente cartaceo, perché il computer, il ragioniere, non lo sapeva usare. A inviare le e-mail ci pensava la segretaria. Gli ordini invece arrivavano sempre dall’alto, da Don Verzè, lui cercava solo di renderli finanziariamente possibili. E c’è riuscito fin quando il sistema bancario, con in testa Giovanni Bazoli di Intesa Sanpaolo, hanno detto basta per i troppi debiti accumulati. Nei fascicoli, Cal ha messo in ordine almeno quattro operazioni che gli inquirenti hanno cercato di approfondire.
La prima è la gestione del discusso aeroplano Challanger CL 604, passata attraverso la Assion Aircraft & Yatching Chartering Service Ltd, una scatola con sede ad Aukland (Nuova Zelanda). I fatti risalgono al 2007, quando Don Verzè sostituisce il vecchio Hawker 1000 della Bae per comprarne uno più lussuoso e in grado di effettuare voli transoceanici. I soldi, circa 13 milioni di euro li garantisce la Fondazione, ma arrivano attraverso una società  finanziaria, la Sg Equipment Finance Schweiz, da una società  del gruppo francese Société Générale e in particolare dalla filiale di Zurigo con la quale la Airviaggi, la partecipata del San Raffaele che controlla la Assion, apre un leasing. Chi si occupa di tutto è Piero Daccò, intermediario che ruota da tempo intorno a Comunione e Liberazione, un movimento che in Lombardia catalizza una quantità  incredibile di voti e posti di potere, grazie anche all’appoggio che da sempre fornisce al presidente della Regione, Roberto Formigoni. Il secondo fascicolo messo insieme da Cal è relativo a un’altra consulenza affidata a Daccò attraverso una società  austriaca, la Harmann Holding, incaricata dal San Raffaele di gestire i contenziosi legali esteri. Un lavoro remunerato per mezzo milione di euro.
Una terza operazione riguarda la EdilRaf, la società  di costruzioni del San Raffaele che l’ospedale ha condotto tra il 2001 e il 2008 in joint venture con la Diodoro Costruzioni Srl, una società  di Pierino Zammarchi, oggi liquidata. La Diodoro ha costruito la residenza alberghiera del San Raffaele, e attraverso la Methodo ha partecipato ai lavori della struttura di Olbia, a quelli dell’ospedale in Brasile e negli otto anni della sua vita ha incassato (non solo dal San Raffaele) fatture per 271 milioni. Fino al 2006 ha avuto tra i suoi soci anche un politico locale, Emilio Santomauro, prima di An e poi dellìUdc, due volte consigliere comunale a Milano nel 1997-2006, ex presidente della Commissione Urbanistica di Palazzo Marino e già  vicepresidente della società  del Comune (Sogemi) che gestisce l’Ortomercato.
L’ultimo capitolo su cui Cal ha puntato il dito è l’altra grande diversificazione di don Verzè, quella nell’energia. Il socio prescelto da Don Verzè è Giuseppe Grossi, re delle bonifiche milanesi, vicino a Cl, ex consigliere della Fondazione San Raffaele e finito di recente nelle mire della procura milanese. Per le accuse di associazione a delinquere, frode fiscale e appropriazione indebita, Grossi ha patteggiato una pena di 3 anni e mezzo e ha risarcito il Fisco. Con Don Verzè ha costituito la Blu Energy, ora destinata alla vendita: in tre anni di vita la società  ha accumulato 116 milioni di debiti, soldi ricevuti per lo più dalle banche (79,8 milioni) e utilizzati per costruire l’impianto di produzione di energia di Vimodrone. La missione della Blu energy era fornire elettricità  al San Raffaele. Ma all’ospedale ha fatto solo lievitare i costi di approvvigionamento da 11 a 41 milioni.


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