“Rinascimento o disgregazione” Il futuro europeo secondo Bruxelles

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ROMA – Siamo nel 2050, e in Europa è in pieno sviluppo quello che ormai tutti considerano il nuovo “Rinascimento”. L’Unione si è allargata fino a includere tutti i Paesi dell’Est Europeo, e si è estesa anche a Sud, con la Turchia. L’euro è una delle tre monete di riferimento del mondo, insieme al dollaro e al renminbi. Sono ormai consolidate una politica e una difesa Ue. Certo, il Pil del Vecchio Continente è ben lontano dal valere il 29% del Pil mondiale, come agli inizi del 2000: adesso si arriva appena al 17%, per via dello spazio conquistato da Cina, India e da quelli che un tempo erano i Paesi emergenti. Però Ue e Usa insieme arrivano ancora al 35%, più del totale tra Cina (23%) e India (11%).
Non è fantascienza. E’ il migliore dei tre scenari prospettati da Global Europe 2030/2050, uno studio effettuato per conto della Commissione Europea da 25 esperti di varie nazionalità  e discipline. Opposto alla “EU Renaissance”, c’è lo scenario peggiore, “EU under threats”: la UE è frammentata e in pieno declino, assediata da minacce interne (l’ingestibile invecchiamento della popolazione e il declino economico) ed esterne, a cominciare dal terrorismo. C’è poi uno scenario intermedio, chiamato “Nobody cares” (non importa a nessuno), che rappresenta lo sviluppo, senza imprevisti e sorprese, delle tendenze attuali. L’Europa si trascina stancamente, cercando di barcamenarsi in un mondo che invece va avanti. «Gli esercizi di costruzione dei vari scenari possibili non vengono effettuati per immaginare o predire il futuro, soprattutto con una prospettiva così a lungo termine come quella adottata in questo caso, – spiega lo studio – ma piuttosto per fornire immagini dei futuri possibili, che possano stimolare e ispirare la politica».
I tre scenari condividono alcuni elementi chiave. Il primo (e piuttosto confortante) è l’esistenza dell’euro nel 2050, anche se nello scenario di disgregazione si ipotizza la possibile uscita di uno o più stati membri. «Nessuno di noi è particolarmente ottimista – spiega Daniele Archibugi, dirigente del Consiglio Nazionale delle ricerche e professore all’Università  di Londra, uno dei 25 autori dello studio – ma al tempo stesso nessuno crede possibile che la Ue possa disintegrarsi e che l’euro possa scomparire».
I tre scenari scelti hanno in comune anche il ridimensionamento del peso economico della UE: nei due scenari peggiori avrebbe il 15% del Pil mondiale, nel “Rinascimento” arriva invece al 17%. Però nello scenario “Under threats” il Pil europeo in 40 anni (dal 2010 al 2050) crescerebbe di appena il 40% (contro il 70% Usa); nello scenario “Nobody cares” del 50%. Ma solo la “Renaissance” rappresenta un’ipotesi di sviluppo: il Pil in termini assoluti supera del 30% quello dello scenario peggiore.
Gli elementi sui quali scommettere con convinzione, secondo lo studio, sono «una graduale integrazione politica», e investimenti cospicui e coordinati in ricerca e sviluppo. Fondamentale inoltre l’apertura all’immigrazione (per supplire all’invecchiamento della popolazione europea), la massima inclusione delle donne nel mercato del lavoro, l’innalzamento dell’età  della pensione, lo sviluppo di fonti energetiche rinnovabili. Si ipotizza anche la costituzione di una Unione per l’energia tra Europa, Medio Oriente e Nord Africa (EUMENA). La crescita cinese appare inevitabile, in qualunque scenario. Se nel 2010 il peso del Pil cinese su quello mondiale era dell’8%, nello scenario “Nobody cares” arriverà  al 24%, in quello “Under threats” al 28% e nella “Renaissance” al 23%.
«Cambiamenti quantitativi, piccoli aggiustamenti all’attuale struttura politica non risolveranno la questione», conclude lo studio. Se si vuole un nuovo Rinascimento, bisogna rimboccarsi le maniche, e fare scelte coraggiose e impegnative.


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