Prescrizioni per un governo non credibile

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Fa specie rilevare nella lettera della Banca centrale la meticolosità  delle richieste di precise iniziative di politica economica con l’esplicitazione degli obiettivi (accrescere il potenziale di crescita e assicurare la sostenibilità  delle finanze pubbliche) come se, nonostante la loro “banalità “, fosse necessario chiarirli a un governo in carica. Ma fa ancora più impressione che, a un governo da tre anni in carica, vengano elencati i punti (liberalizzazioni, sistema di contrattazione, assunzione e licenziamento dei dipendenti, costi del pubblico impiego, pensioni di anzianità , pensionamento delle donne, indebitamento degli enti decentrati, ridefinizione delle amministrazioni locali) che dovrebbero, in un maniera o in un’altra, qualificare la visione del governo di un paese. Non manca, a suggello, la precisazione che è «cruciale che tutte le azioni elencate siano prese il prima possibile».
Il disagio che si prova nei confronti del nostro governo e delle istituzioni europee è per lo meno duplice. In primo luogo per l’aspetto formale, dato che credo sia difficile rinvenire casi in cui l’indicazione delle politiche da adottare provenienti da un’istituzione internazionale non siano state in qualche modo concordate preventivamente (lettere di intenti). Certamente la richiesta di assunzione di responsabilità , nella forma “impositiva” adottata (nonostante nessun cenno venga fatto alla condizione della Bce di sostenere i titoli pubblici italiani), è un segnale della scarsa credibilità  e contrattualità  internazionale del governo, particolarmente penosa nella presente situazione di grave difficoltà .
Il secondo punto di disagio deriva dal fatto che le indicazioni-imposizioni della lettera riguardano scelte politiche su temi dibattuti, anche se negati dal governo come momenti essenziali della sua politica economica. Si può allora comprendere che il fatto di vederseli riproposti pubblicamente quale condizione per ottenere l’appoggio finanziario europeo possa spiegare la decisione di secretarli alla pubblica opinione.
A ben vedere, le questioni poste sono di grande importanza per lo sviluppo della nostra economia, ma ancor più della nostra società . Sono interventi che hanno effetti di lungo periodo, come di lungo periodo è il problema della sostenibilità  del debito pubblico, ma proprio per questo avrebbero richiesto una riflessione e una elaborazione approfondita per definirne modalità  e tempi. Allo scarso impegno espresso nel passato dal governo a ristrutturare e rilanciare l’economia si somma ora l’imposizione di attuare in tempi rapidi queste trasformazioni senza che una piena comprensione dei loro effetti garantisca il consenso dei cittadini nei confronti delle riforme da fare, ma anche senza che ne risenta la credibilità  delle istituzioni europee.
L’intervento della Bce, limitato ai problemi di sostenibilità  finanziaria, si traduce nella sostanza in prescrizioni di politica economica prevalentemente dal lato dell’offerta (liberalizzazioni, flessibilizzazione del mercato del lavoro) che per l’Italia (e per gli altri paesi in difficoltà ) non può che produrre, come si prevede da più parti, un contenimento della domanda nazionale con effetti deflazionistici interni che si possono sommare in una deflazione europea e oltre. È una prospettiva che dimostra come la forza delle istituzioni europee nascondano la loro debolezza nella capacità  e possibilità  di gestire una politica economica di espansione della domanda a livello continentale. La linea della Bce indica che si è arrivati impreparati a questa nuova crisi e che la risposta che ne viene data è parziale. L’allarme è che l’euro e la politica monetaria sono insufficienti a garantire (nel quadro attuale) la stabilità  finanziaria e la crescita dei paesi partecipanti.


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