Chi è il postino della Bce?

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 «La lettera nascosta» è un bellissmo giallo di Edgar Allan Poe: narra della ricerca ossessiva di una lettera che – alla fine – si scopre era semplicemente appoggiata sopra una scrivania. Anche la lettera inviata dalla Bce al governo italiano è un piccolo giallo, non per i contenuti che più o meno indirettamente erano stati resi noti dai primi giorni di agosto, ma su chi l’ha passata al Corriere della Sera. Chi è stato il postino?

Rivelare i dettali della lettera assomiglia molto a una resa dei conti all’interno del governo. O meglio: a una resa dei conti tra Tremonti e Berlusconi. In altre parole: il postino sarebbe stato Tremonti. Perché? Il ministro del tesoro da settimane è sotto tiro (perfino degli amici della Lega) per la politica economica che ha imposto. Con la pubblicazione della lettera, si rende evidente che aveva ragione lui. Certo, prima di ricevere la missiva Tremonti di casini ne ha fatti molti: quando ha sostenuto che l’Italia stava meglio di altri paesi; quando ha affermato – dopo la manovra di giugno – che la Bce non ci chiedeva ulteriori sacrifici e in particolare di anticipare il pareggio di bilancio al 2013, anziché al 2014. Una cosa che invece è stata del tutto assente nell’azione del governo sono le «misure significative per accrescere il potenziale di crescita», come scrivono Trichet e Draghi al governo italiano. Un punto sul quale Tremonti è colpevole, e non da oggi, che apre gli spazi per qualche altro postino. Ma chi?
Un paio di mesi fa Mario Draghi fece un intervento sostenendo la necessità  di varare misure per accelerare la crescita. E prima ancora aveva sostenuto che andava ridotta la precarietà  del lavoro per ridare fiato ai consumi. Tutte cose che il governo non ha fatto. Però appare difficile credere che sia stato Draghi a passare il documento al Corriere della sera. Anche perché per il prossimo presidente della Banca centrale europea sarebbe un pessimo inizio del suo mandato e sarebbe soggetto a ricatti.
Potrebbe essere stato allora Trichet, intervistato un paio di giorni fa dal quotidiano milanese? Trichet, oltretutto è ormai fuori gioco, ma anche lui è un banchiere centrale che, difficilmente, fa certe cose. Cioè entrare nel dibattito politico e di politica economica che dilania l’Italia. Certo, in passato ci sono stati esempi di banchieri che parlavano: il caso più clamoroso era quello di Guido Carli, che affidava a Eugenio Scalfari le sue riflesioni poi firmate con le pseudonimo di Bancor.
Un altro nome che circola di possibile postino è quello di Giorgio Napolitano, che in questi due mesi è stato indicato come stampella del governo Berlusconi, di fatto commissariato dal presidente, da Draghi e dalla Bce. Un personaggio dello staff di Napolitano però avverte: il presidente non fa queste cose. Vero, ma il presidente è circondato da un mondo variegato con rapporti molto stretti con il centro-sinistra. Non a caso, proprio del centro sinistra (da Letta in giù, fino a Prodi) sono arrivati gli apprezzamenti più forti alla lettera della Bce. Una lettera, come è scritto anche nel nostro editoriale, che trasuda neo-leberismo da tutte le parti. Una lettera che potrebbe, se sposata, spostare l’asse delle alleanze politiche del centro sinistra. In altre parole: potrebbe far fuori l’alleanza con il Sel (e anche Bersani) a favore di un asse molto più moderato con l’Udc di Casini.
In questa ottica, col senno del poi, è estremamente illuminante la dichiarazione di D’Alema di alcuni giorni fa. Ovvero l’invito a superare in Italia e in Europa la fase socialdemocratica. La lettera della Bce contiene tuto, meno che una visione socialdemocratica. Insomma, anche a «sinistra» (virgolette d’obbligo) c’è chi era interessato alla pubblicazione della lettera per far passare l’idea di una diversa società  costretti dale richieste della Bce,
Ma è il primo postino – Tremonti – a restare il maggiore indiziato. Anche perché, nel frattempo si è aperto – anzi, riaperto – un nuovo fronte: quello del prossimo governatrore della Banca d’Italia come successore di Mario Draghi. Fino a pochi giorni fa – tutta la stampa italiana ne era certa – il nome sicuro era quello di Saccomanni, attuale direttore generale della banca centrale. Una successione logica, naturale. Sembrava, invece, sconfitto il candidato di Tremonti: Vittorio Grilli, direttore generale del tesoro del 2005. Ma ora i giochi sembrano riaperti: l’uomo di Tremonti sembra tornato in corsa e con lui anche Bini Smaghi che dovrà  lasciare l’incarico alla Bce. A indicare il successore di Draghi è Berlusconi. E il cavaliere sembrava aver scelto Saccomanni, anche contro Tremonti. Ma la lettera della Bce spariglia le carte rafforzando Tremonti e il vincente potrebbe essere proprio il suo uomo che, oltretutto, è abituato a nominare le persone più gradite al ministro dell’economia.


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