«In Italia seimila minori stranieri non identificati»

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Fuggono dai loro paesi. Viaggiano, a rischio della vita, stipati tra gli adulti nelle carrette del mare, oppure nascosti sotto la pancia dei tir. Piccoli profughi, che al termine della loro odissea, o a volte solo in transito, giungono in Italia, sperando in un approdo sicuro. «Attualmente i minori stranieri presenti sul nostro territorio sono 6946, nell’ultimo anno ne sono arrivati 4012, di cui 3739 non accompagnati, solo a Lampedusa ne sono arrivati 2705, di cui 2567 non accompagnati», scandisce, trincerandosi dietro i numeri, il ministro dell’Interno Roberto Maroni, chiamato in commissione bicamerale per l’infanzia a riferire sul destino dei piccoli profughi che approdano in Italia.
Ragazzini con cui il Viminale sembra avere una difficoltà  enorme a fare i conti. Persino quando si rifugia dietro i numeri: «Su 6946 minori stranieri non accompagnati presenti sul territorio italiano solo 926 sono identificati», scandisce Maroni davanti alla commissione. E gli altri seimila? Sono ragazzini senza neppure un nome? Le associazioni che si occupano di loro smentiscono. Lo staff del ministro spiega che «tecnicamente si definiscono idenfiticati solo quelli che sono in possesso di un documento di identità ». Un dato tecnico. Eppure: «Considerare non identificati tutti gli altri è un errore», spiega Carlotta Bellini, di Save the Children. «C’è un lavoro profondo per ricostruire la loro storia e la loro identità , con metodologie che sono le stesse utilizzate in tutto il mondo».
Sfuggono da tutte le parti quei piccoli profughi e le loro storie di mancata accoglienza, di infanzia esposta ai rischi peggiori.
Il ministro nega. «Il nostro sistema d’accoglienza si è rivelato efficace e all’altezza anche in situazioni di emergenza come quella vissuta a Lampedusa», assicura. «Chiunque si sia occupato di quella emergenza sa che ci sono state, e ancora ci sono, gravissime violazioni delle norme internazionali a tutela dei minori stranieri non accompagnati», replica Sandra Zampa, deputata Pd e membro della Commissione Infanzia. Con sé ha uno degli ultimi rapporti stilato da Terre des Hommes sui minori a Lampedusa. Parla di ragazzini trattenuti sull’isola fino a 40 e in alcuni casi anche 60 giorni prima di essere trasferiti in comunità  adatte ad accoglierli. Invece che in 48 ore dall’arrivo, come prevederebbe la legge scritta a loro tutela. Alcuni di loro sono scappati. Alcuni li hanno ritrovati a Ventimiglia. Le cronache delle ultime ore li fotografano a bordo delle navi, da giorni ferme come prigioni galleggianti nel porto di Palermo. Cinque ragazzini, rinchiusi in quei bunker, insieme agli adulti.
E non è solo questione di Lampedusa. Le storie dei piccoli profughi afghani sbarcati a Venezia, Ancona, Bari non sono molto diverse. «Li abbiamo visti aggrappati alle grate del porto di Patrasso per tentare di nascondersi sotto i tir, braccati come cani… La normativa nazionale e internazionale non consente nessun tipo di respingimento. Eppure è prassi costante che questo avvenga anche presso i nostri porti», ha denunciato proprio alla commissione infanzia la legale della comunità  Giovanni XXIII: «Le forze dell’ordine ben conoscono la situazione». Anche se a volte «preferiscono non vedere». E però «abbiamo notizia di funzionari di polizia portuale di buona volontà  che non hanno chiuso gli occhi, ma per giorni hanno dovuto portarsi a casa ragazzini rifugiati nell’attesa che qualcuno si interessasse alla questione». Maroni nega. Nessun respingimento di minore. Nessuna violazione di diritti. Semmai ci possono essere stati degli errori. «Errare è umano», dice il ministro.


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