Obama contestato: «Sei l’Anticristo»

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NEW YORK — Essere additato come l’Anticristo da estremisti di destra e da qualche frangia dell’integralismo cristiano non è, per Barack Obama, certamente una novità . Fin dalla campagna elettorale del 2008 l’allora senatore dell’Illinois venne spesso accusato di considerarsi un nuovo Messia (anche in un celebre «spot» elettorale repubblicano, «The One», subito sconfessato e fatto ritirare da McCain). Il sito conservatore «RedState.com» arrivò a vendere tazze e T-shirt sulle quali era stampata una grande «O» sovrastata da due corna demoniache e dalla scritta «L’Anticristo». Ancora oggi non c’è manifestazione dei Tea Party nella quale non sbuchi fuori qualche cartello che accosta il nome del presidente a quello della figura apocalittica delle Sacre Scritture e di molte fosche profezie, da quella del XII secolo sul «Papa nero» al terzo Anticristo di Nostradamus: l’inviato di Satana che distruggerà  la Chiesa e porterà  desolazione sulla Terra.

Così quello del contestatore, probabilmente fuori di senno, che l’altra sera a un comizio in California gli ha gridato «Tu sei l’Anticristo», dopo aver ripetuto più volte «Gesù Cristo è il figlio di Dio», è un episodio che potrebbe essere liquidato come uno di quegli incidenti difficili da evitare quando si parla in pubblico in un Paese libero. Obama se l’è cavata senza imbarazzo: lo ha ascoltato in silenzio con un leggero sorriso sul volto, quando l’hanno portato via si è preoccupato che non dimenticassero la sua giacca, ha detto di essere d’accordo almeno sul fatto che Gesù è il figlio di Dio.

Ma l’episodio, in realtà , un certo allarme alla Casa Bianca lo provoca perché una campagna elettorale che si preannuncia molto combattuta e i cui toni si sono fatti assai aspre fin dalle prime battute, è un terreno formidabile per le sortite dei cristiani apocalittici: gruppi talmente attivi da aver reso di uso abbastanza comune, almeno tra gli esperti di cose religiose, un termine quasi impronunciabile come «apocalitticismo». Un allarme condiviso anche dal New York Times che proprio due giorni fa aveva pubblicato un commento nel quale lo storico delle religioni Matthew Avery Sutton avverte che il fenomeno, di natura non certo recente, rischia di prendere pieghe particolarmente inquietanti o comunque imprevedibili in seguito alla scomparsa o all’uscita di scena dei leader storici dell’integralismo religioso: personaggi come i pastori Billy Graham e Jerry Falwell o James Dobson che ha lasciato la guida di «Focus on the Family», il movimento da lui fondato. Leader nei quali l’integralismo non debordava in estremismo irrazionale grazie al loro senso della «leadership» e ai legami personali che avevano con presidenti e politici repubblicani.

Nuovi leader di analoga statura non se ne vedono e i movimenti, nell’era di Internet e delle reti sociali che frammentano ed estremizzano i messaggi, possono prendere le derive più impensate. Il tutto è, poi, rafforzato dalla retorica brutale che regna nei confronti tra i candidati repubblicani: la scelta dei «network» televisivi di farli discutere davanti a un pubblico di «tifosi», anche delle tendenze più estreme, spinge perfino i leader più moderati a usare un linguaggio assai radicale per non apparire insipidi.

Abbandonando la sua tradizionale linea «bipartisan» in favore di una retorica da «muro contro muro», Obama, poi, fa una scelta che ha senso in termini di strategia elettorale, ma che l’espone ancora più agli attacchi degli integralisti. Che, Anticristo a parte, l’accusano di essersi atteggiato a nuovo Messia.


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