Ritorno di Putin, caos al Cremlino

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MOSCA — Al congresso del partito di maggioranza «Russia Unita» davanti ai delegati osannanti, la staffetta era passata senza alcun problema. Ma da ieri la decisione di Vladimir Putin di tornare alla presidenza e di cedere il suo posto di primo ministro a Dmitrij Medvedev sta scatenando aspre polemiche. E ha già  una vittima illustre: il ministro delle Finanze, Aleksei Kudrin, che lascia dopo un durissimo scontro col presidente Medvedev. Uno scontro che è avvenuto in pubblico e che è forse una spia del disagio e dell’incertezza che regna all’interno del gruppo di potere che controlla la Russia.

Kudrin, un liberale amico di Putin da vecchia data, aveva immediatamente detto che sotto un governo Medvedev lui non avrebbe potuto continuare a lavorare. In effetti in passato tra il presidente e il responsabile della spesa pubblica c’erano stati numerosi screzi. Rigoroso e stimato all’estero Kudrin; più attento agli effetti sociali dell’intervento statale il presidente.

Ma ieri, durante una cerimonia a Dimitrovgrad, sul Volga, Medvedev che era sul palco ha dimostrato di non aver gradito l’uscita del ministro delle Finanze. E forse anche di ritenersi umiliato (come hanno scritto i giornali russi) per il trattamento subito da Putin. Al congresso aveva reagito con sorrisi e abbracci, ma forse non ha digerito l’essere stato rimosso dal suo mentore dopo un solo mandato presidenziale.

Comunque ieri era assai nervoso, era arrivato in ritardo di un ora e ha preso di petto Kudrin accusandolo di insubordinazione: «Nessuno ha revocato la disciplina», ha detto guardandolo in faccia. «Se lei non è d’accordo con la linea del presidente — ha aggiunto — non c’è che una via, le dimissioni». E mentre Kudrin appariva sorpreso, ha proseguito: «Naturalmente mi deve rispondere qui e ora. Lei è intenzionato a scrivere la sua lettera di dimissioni?». Il ministro delle Finanze ha tentato di prendere tempo, dicendo che avrebbe «deciso sulla proposta dopo una consultazione con il primo ministro», vale a dire Putin. Evidentemente da Vladimir Vladimirovich non è arrivato quel sostegno che forse Kudrin si aspettava. Anzi, secondo un portavoce, al Cremlino è giunta una richiesta del primo ministro di licenziare il responsabile delle finanze. Così Medvedev ha immediatamente firmato il decreto per mandare a casa Kudrin.

Nervosismo, dicevamo, ma anche aperte critiche. Perfino inconsuete, visto il clima che normalmente si respira in Russia. Mikhail Gorbaciov che già  recentemente aveva stigmatizzato le «tendenze autoritarie» di Putin, ha rincarato la dose. Ha scritto un articolo per il giornale di cui possiede una quota e che è il principale portavoce dell’opposizione, Novaya Gazeta. «Se il futuro presidente non apporterà  dei cambiamenti e penserà  solamente a conservare il potere, commetterà  un errore». Senza modifiche del sistema attuale, aggiunge l’ex presidente sovietico, «non ci sarà  alcun progresso».

Critici anche i giornali, con il popolare Moskovskij Komsomolets che ha titolato: «La storia si è fermata, Putin è il nostro passato, il nostro presente e il nostro futuro». Novaya Gazeta ha una vignetta che dipinge l’attuale dirigenza russa nel 2024, dopo i possibili due mandati presidenziali di Putin. Una schiera di vecchi in uniforme pieni di medaglie. Come i membri del Politburò quando assistevano alle parate sulla Piazza Rossa ai tempi di Brezhnev.


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