Intercettazioni, il Pdl ripesca Mastella

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ROMA — Forte dei 447 voti ottenuti alla Camera la scorsa legislatura, quando a Palazzo Chigi c’era Romano Prodi, il ddl Mastella (poi arenatosi al Senato) compare nell’agenda del centrodestra che, a questo punto, esplora anche un piano b: quello di provare a imporre, almeno a una parte dell’opposizione, un «testo condiviso» sulle intercettazioni telefoniche. In particolare l’articolo 1 del ddl varato dal Guardasigilli di Ceppaloni piace molto all’avvocato del premier, Niccolò Ghedini: «Credo che prima o poi dovremo affrontare tutti insieme il tema delle intercettazioni e mi chiedo perché non farlo recuperando la legge Mastella che è scritta bene per come regola il divieto di pubblicazione degli atti di indagine».

Ghedini, dunque, pur confermando che la maggioranza può attendere fino alla prossima settimana per tornare alla carica, accarezza l’idea di trovare una strada alternativa al solito muro contro muro che innescherebbe l’ennesimo voto di fiducia (già  ventilato) sul ddl Alfano da oggi all’esame della Camera: «Uno degli emendamenti possibili potrebbe essere quello che fa suo l’intero articolo 1 della legge Mastella», azzarda Ghedini. Insomma, la via per evitare altri dispiaceri al Cavaliere — preoccupato dagli omissis contenuti nelle intercettazioni di Bari e di Napoli — potrebbe arrivare proprio dal testo di Clemente Mastella, rilanciato ieri anche dall’ex Guardasigilli: quello che vieta «la pubblicazione, anche parziale, degli atti di indagine contenuti nel fascicolo del pm e delle investigazioni difensive, anche se non più coperti dal segreto, fino alla conclusione delle indagini preliminari». Lo stesso divieto vale per le intercettazioni e i tabulati; e «se si procede al dibattimento non è consentita la pubblicazione anche parziale degli atti del fascicolo del pm se non dopo la pronuncia della sentenza d’appello».

Musica per le orecchie di Ghedini. E forse anche per quelle del ministro Nitto Francesco Palma, che salva solo una parte del ddl Alfano così come è uscito dalla commissione Giustizia, riveduto e addolcito, dopo le modifiche concordate con il presidente Giulia Bongiorno (Fli): «Nel testo ci sono cose condivisibili e altre che, personalmente, non mi trovano in pieno accordo». Per il Guardasigilli, poi, «vi è un eccessivo uso delle intercettazioni» e per quanto riguarda la pubblicazione degli atti «il diritto di cronaca non esiste ogni qual volta vi è una norma che impone il segreto».

Ma nel Pdl è già  scoppiata la grana sulla cosiddetta «norma ammazza blog». Il ministro Giorgia Meloni e il deputato internauta Roberto Cassinelli dicono che va cambiato il comma introdotto al Senato per applicare alla rete le regole sul diritto di rettifica tipiche della carta stampata. Spiega la Meloni: «Sarebbe un errore applicare a tutti la stessa norma, alla tv come al blog gestito da un ragazzo». Condivide Paolo Gentiloni (Pd): «L’unica conseguenza di una tale assurdità  giuridica sarebbe il blocco di fatto di siti, blog e social network utilizzati da 23 milioni di italiani». Antonio Di Pietro parla di «misura fascista che oscura la rete». Ma sul punto Niccolò Ghedini non molla: «Va bene libero blog in libero Internet, ma ci vorrà  pure una regola che tutela la parte più debole, quella di chi si sente diffamata».

Infine il presidente dell’Associazione nazionale magistrati, Luca Palamara, risponde al premier: «No, non siamo mica in uno Stato di polizia…». E il presidente della Camera, Gianfranco Fini, annuncia che l’assemblea dovrebbe avere altre priorità : «Ma quali intercettazioni, la vera priorità  sono il lavoro e il futuro dei nostri figli».


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