Così il ritorno alla natura fa rinascere gli alveari
Le api in Italia sono tornate. Vi ricordate che anni fa regolarmente se ne denunciavano morie impressionanti? Bene, da quasi tre anni il ministero dell’Agricoltura ha sospeso l’utilizzo dei pesticidi che secondo gli apicoltori erano i principali responsabili dell’uccisione delle api. «Un altro mondo è possibile» – dichiara Francesco Panella, presidente dell’associazione apicoltori.
«Non soltanto la produzione di miele ha avuto un incremento -dicono gli apicoltori- per ogni annata, ma le api non sono mai state così bene, belle e floride, capaci di lavorare meglio e di più. Non si registrano più morie». E, secondo il rapporto dell’Istituto Nazionale di economia agraria di quest’anno, la produzione di miele nel 2010 è aumentata del 26,3% rispetto al 2009. Niente di tutto ciò è avvenuto in Francia, per esempio, dove i pesticidi incriminati sono ancora consentiti.
Quest'”altro mondo possibile” rischia però di ridiventare chimera. Il Ministero sta rinnovando ciclicamente la sospensiva per l’utilizzo dei pesticidi. Lo faceva di anno in anno, ma all’ultima scadenza, a giugno, ha prorogato il divieto soltanto fino al 30 ottobre prossimo. Tra l’altro tra lo stupore di chi ha seguito la vicenda, perché le prime dichiarazioni ministeriali parlavano di una nuova scadenza a dicembre, poi non confermata in Gazzetta Ufficiale.
Un comportamento che non fa dormire sonni tranquilli agli apicoltori, perché invece di constatare gli ottimi risultati ottenuti dal settore, il Ministero sembra sempre sul punto di cedere alle forti pressioni che esercitano i produttori di pesticidi. I veleni in questione si chiamano neonicotinoidi, e vengono impiegati per la concia dei semi di mais, si diffondono con le polveri che si alzano durante la semina: un intervento preventivo, che dovrebbe proteggere le piantagioni da parassiti come la diabrotica, un insettino giallo e nero che se dilaga può compromettere interi raccolti. Infatti viene anche utilizzato come spauracchio per vendere più pesticidi, oppure gli Ogm. È abbastanza tosto, negli Stati Uniti hanno recentemente scoperto che alcune popolazioni sono mutate sviluppando una resistenza agli Ogm creati per contrastarlo. Però si può controllare anche senza interventi così drastici e invasivi, che spesso si rivelano poco efficaci. Questi ultimi tre anni sono lì a dimostrarlo.
Gli agricoltori, impossibilitati a comprare i semi conciati con i pesticidi, sono tornati a praticare l’antica tecnica della rotazione delle colture. È non è successo niente di eclatante. Durante questo periodo tutti i problemi sbandierati dall’industria, relativi a malattie, insetti e virus, sono rimasti a minimi insignificanti di incidenza. Gli stessi dati di quando si usavano i pesticidi. Anzi, ci sono stati dei miglioramenti consistenti. Prendiamo proprio questa diabrotica: il Monitoraggio interregionale preposto al controllo del parassita ha accertato che si è passati, per danni pari o superiori al 5% del raccolto, dall’1,45% di ettari colpiti sul totale coltivato del 2009 allo 0,01% del 2010. La rotazione, una delle più antiche tecniche agricole mai inventate funziona ancora, anche nel XXI secolo, e meglio dei pesticidi usati senza criterio.
Anche altri parassiti e virus alla fine incidono poco: non si supera mai l’1% di probabilità che attacchino. Se contiamo che i pesticidi aumentano i costi di produzione tra i 20 e i 30 euro in più ad ettaro, con un’azione preventiva il rischio di fare una spesa inutile è piuttosto alto.
Vale a dire, come sostiene Lorenzo Furlan, dirigente del settore ricerca agraria dell’agenzia regionale Venetoagricoltura e ricercatore con una lunga serie di pubblicazioni alle spalle: «È come se avessi in casa una zanzara e tentassi di eliminarla con un bazooka. Probabilmente la centrerei, ma insieme a buona parte della casa stessa. Per anni a fronte di una probabilità d’infestazione dell’1% gli agricoltori erano abituati a comportarsi come se il pericolo fosse del 60 o 70%, vale a dire che utilizzavano questi prodotti in maniera preventiva e spesso inutile. Tra l’altro, dei quattro neonicotinodi “incriminati”, soltanto uno è davvero efficace se si presenta il problema, ma solo quando si presenta. In realtà è più facile prevenire a monte con tecniche colturali: se pianto mais per 20 anni di fila nello stesso appezzamento è praticamente sicuro che prima o poi si presenterà la diabrotica. Cambiare coltura anche solo ogni 3 o 4 anni riduce tantissimo queste probabilità ». E con un buon monitoraggio si può prevedere con una certa precisione dove sarà necessario intervenire.
La sostanza è che continuiamo ad abusare di antiparassitari che sono letali per le api e non fanno certo bene agli altri esseri viventi. Molti degli insetticidi che si utilizzano in agricoltura sono a base di questi neonicotinoidi e vengono irrorati su molte altre coltivazioni, ad esempio in maniera cospicua sui vigneti. È una iattura di ogni monocoltura che si ripeta per molti anni sugli stessi terreni, dove la rotazione è sparita.
Se da un lato quindi ci tengo a sensibilizzare sulla legittima richiesta degli apicoltori che vorrebbero finalmente bandita per sempre la concia dei semi con i neonicotinoidi dopo la prossima scadenza di ottobre, mi viene anche da rilanciare: andrebbero vietati in ogni forma e per ogni coltura. Tecniche semplici come la rotazione dei terreni possono sopperire adeguatamente, interventi più mirati e meno invasivi possono essere sufficienti. Le api non hanno soltanto una valenza importante perché sono insetti impollinatori o perché c’è tutta un’economia di produttori che ci vive intorno, sono preziose anche perché sono le sentinelle ambientali più sensibili. Viene da sottoscrivere una proposta che inizia a circolare: se davvero la nuova Pac, la Politica agricola comunitaria in preparazione per il 2013, vorrà avere una svolta «verde» verso la sostenibilità , allora perché non mettere per legge che la sua valenza venga misurata anche sulla salute degli alveari in tutta Europa? Farne uno degli indicatori principali? Vedremo al momento opportuno, intanto aspettiamo ottobre all’erta, perché non vogliamo più un’altra sospensiva, ma un divieto definitivo: le api sono troppo importanti.
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