Il papa delude le attese dei protestanti tedeschi

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 BERLINO.Chi si aspettava dalla visita del papa in Germania progressi nel dialogo tra cattolici e protestanti è stato smentito. La stampa è unanime nel constatarlo, dalla Frankfurter Allgemeine – «Il papa delude la speranza di un approfondimento dell’ecumene»- alla Sà¼ddeutsche Zeitung: «Il papa delude i protestanti». Delusi anche i laici cattolici tedeschi e i preti di base, nella grande maggioranza frustrati dalla sordità  vaticana alle loro pressanti richieste di riforma. Sconfortati i prelati nel constatare che, nonostante l’enorme impegno organizzativo, l’afflusso dei fedeli alle messe con il papa è stato modesto, inferiore al previsto. Anche Joseph Ratzinger, col peso dei suoi 84 anni, è apparso spesso stanco e provato da un programma molto denso di impegni: ai suoi ripetuti appelli alla lotta contro la secolarizzazione sembrava mancasse energia, quasi che neanche lui credesse che si possa arrestare il declino numerico del suo gregge tedesco. Nel 2010 sono usciti dalla chiesa 181mila cattolici, più dei 170mila bambini battezzati. Benedetto XVI si arrocca in un meglio pochi ma buoni e saldi nei princìpi. Ma questa ostinazione non rincuora i fedeli più impegnati, che vedono svuotarsi le chiese e subiscono la fusione di tre-quattro parrocchie, perché mancano preti per curarle.

Dopo una prima giornata a Berlino, il papa ha proseguito venerdì mattina per Erfurt, nell’est della Germania. Ieri si è spostato a Friburgo, da dove oggi ripartirà  per Roma. Momento saliente della tappa di Erfurt, l’incontro col Consiglio delle chiese evangeliche nell’ex convento degli agostiniani, dove Martin Lutero fu monaco prima della sua rottura con la chiesa romana.
Era stato proprio Ratzinger a alimentare le aspettative dichiarando, prima del viaggio, che avrebbe «fatto di tutto, per dare il debito spazio all’incontro con i cristiani evangelici». E invece alla fine ha trovato solo 35 minuti, per ascoltare il messaggio di benvenuto del presule della Ekd (Evangelische Kirche in Deutschland) Nikolaus Schneider e per leggere il suo discorso, per un dialogo aperto non c’era proprio il tempo. Lettura di testi preparati dalle rispettive cancellerie anche nella meditazione ecumenica che è poi seguita nella chiesa annessa al convento. Ai «cari fratelli e sorelle» evangelici Ratzinger ha spiegato che la fede non è qualcosa su cui si possa negoziare alla ricerca di compromessi, come fanno i politici con i loro trattati internazionali: «La fede dei cristiani non si basa su un bilanciamento di vantaggi e svantaggi. Una fede autofabbricata non avrebbe valore. La fede non è qualcosa che escogitiamo o negoziamo noi». Nel precedente incontro con la delegazione evangelica aveva battutto sullo stesso tasto: «I tatticismi non ci salvano, non salvano il cristianesimo, bensì una fede ripensata e rivissuta, attraverso la quale Cristo e con lui il dio vivente entrano in questo nuovo mondo».
Agli evangelici insomma il professor Ratzinger ha rinfacciato l’eterno rimprovero del tradizionalismo cattolico nei loro confronti: coi vostri continui compromessi con la modernità , col personalismo individualista, con la vostra tolleranza per le scelte di vita dei singoli, rovinate tutto. L’unico terreno d’intesa, ammesso che egli evangelici sappiano ritrovare il coraggio di testimoniare di fronte al mondo ateo la loro fede in dio, dovrebbe essere una comune crociata contro «la sfida della secolarizzazione».
Questa l’ossessione di Ratzinger, che c’è tornato sopra anche negli incontri che ha avuto con la comunità  ebraica, con gli islamici tedeschi, con gli ortodossi: con tutti è disposto a unire gli sforzi per rimettere i valori religiosi al centro della società , con tanto di inevitabili richiami alla «difesa della famiglia» (eterosessuale) e della «vita, in tutte le sue fasi». Alla pressante richiesta delle chiese evangeliche, di consentire almeno alle coppie di confessione mista di partecipare insieme all’eucaristia, non ha nemmeno risposto.


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