Scaroni: Eni torna protagonista in Libia
ROMA – «Stiamo riconquistando le nostre posizioni in Libia. Proprio da ieri con l’arrivo dei primi responsabili dall’Italia, sono di nuovo operativi i nostri uffici di Tripoli, finora “presidiati” solo dai dipendenti locali. Sempre ieri ho salutato due nostri tecnici a Brindisi che con una nave militare stanno raggiungendo la piattaforma di Sabrata, da dove parte il gasdotto Greenstream». Paolo Scaroni racconta del lento ritorno alla normalità , compreso il sollievo nello scoprire che gran parte dei pozzi sono rimasti funzionanti durante i combattimenti (per alimentare le centrali elettriche). «Rimane l’obiettivo di riattivare le forniture verso l’Italia entro ottobre – spiega l’amministratore delegato del cane a sei zampe – Eni è stata fortunata: in Egitto non abbiamo perso un solo barile, in Libia stiamo tornando, l’Algeria mi sembra stabile».
Crede che dal punto di vista della sicurezza delle forniture il peggio sia passato?
«Ci saranno ancora tanti momenti difficili, il passaggio alla democrazia in Egitto o in Tunisia per ora è gestito dai militari. E’ uno dei motivi per cui ci tengo a riattivare Greenstream entro l’autunno. L’altro gasdotto, il Ttpc che dall’Algeria arriva da noi via Tunisia, è presidiato dai militari tunisini dopo aver subito un paio di attentati. A Tunisi ci saranno le elezioni il 23 ottobre, con 47 partiti in lizza. Gli italiani saranno più al sicuro con i due i gasdotti funzionanti».
L’Eni e le imprese italiane hanno perso terreno in Libia con il cambio di regime e qualche incertezza nello schierarsi al fianco del Cnt?
«I nostri contratti sono garantiti, siamo stati i primi a tornare a Bengasi e poi a Tripoli. La nostra conoscenza del sottosuolo, i 3000 dipendenti locali ci rendono dei collaboratori indispensabili. I leader locali sono grati ai francesi per i tempestivi bombardamenti quando le truppe di Gheddafi assediavano Bengasi. Non so se questo si tradurrà in un trattamento di favore, ma credo che gli imprenditori italiani saranno bravi a mantenere i loro interessi».
A proposito della bravura degli italiani, la bufera economica e politica di questi mesi ha ridotto la nostra credibilità internazionale?
«L’atteggiamento verso Eni non è cambiato. A livello Paese la differenza la sperimentiamo sul costo del debito, l’accoglienza e la considerazione non è cambiata. Siamo un Paese in difficoltà in un mondo in difficoltà , forse abbiamo più bisogno di cure di altri, ma non condivido questo pessimismo catastrofale che ci ha colpito, di certo non ci porterà da nessuna parte».
Eppure Eni, come Finmeccanica, è apparsa nelle intercettazioni del caso Tarantini-Lavitola, gli appalti delle imprese pubbliche erano uno dei loro obiettivi…
«Voglio essere chiaro: non conosco né Tarantini, né Lavitola. Né Berlusconi mi ha mai parlato di loro. Una grande impresa come la nostra ha regole per evitare che le gare siano manipolate. Di fronte a voci del genere si risponde con un audit interno, che peraltro riferisce ad un comitato del Cda e non a me. Comunque stiamo facendo le verifiche del caso, ma, ad oggi non è emerso nulla».
La vostra partecipazione a South Stream, il gasdotto che dalla Russia passa per il Mar Nero e i Balcani, è stato criticata perché avrebbe aumentato la dipendenza europea da Gazprom. Ora avete nuovi soci francesi di Edf e i tedeschi di Wintershall. Cosa cambia?
«Diventa un progetto più europeo e con maggiori probabilità di successo. Per Eni è un investimento con un rendimento garantito di circa il 10%. Inoltre probabilmene attraverso Saipem realizzeremo gran parte dei lavori di posa dei tubi sul Mar Nero. Ma non ho mai capito le critiche di carattere “strategico”. La sicurezza delle forniture oggi è soggetta a due rischi: quello russo e quello ucraino. Con South Stream resta solo quello russo, e in più ci sarà del “nuovo gas” di cui potranno usufruire Eni, Edf e Wintershall»
C’è il problema di avere rapporti con Gazprom e la Russia e la dipendenza energetica che ne scaturisce
«La Russia è il più grande produttore di idrocarburi del mondo, nessuna compagnia petrolifera può rinunciarvi. Abbiamo appena chiuso un accordo per vendere a Gazprom il metano prodotto dalla controllata Arcticgaz in Siberia, è stato un grande successo»
Quale è il prossimo obiettivo?
«Lunedì sarò in Iraq, da oltre un anno investiamo sul megagiacimento di Zubair e siamo stati invitati a partecipare alla gara per Nassirya: sarebbe un esborso importante, decideremo se andare da soli o con altri partner internazionali».
Related Articles
Proteste chiuse per decreto
Musei. Un’assemblea sindacale di due ore dei custodi del Colosseo scatena la vendetta premeditata del governo. Anche M5S contro i lavoratori. La Cgil attacca Renzi
Germania, gli scioperi a catena
Scioperi. Dopo il weekend delle Ferrovie adesso tocca alla Lufthansa: cancellati quasi 1.500 voli Intanto i tedeschi si organizzano: chi rinvia la partenza, chi decide di viaggiare in bus
Visco: così la nuova lotta alla Povertà della Banca mondiale
Un miliardo di persone, di cui 400 milioni di bambini. Sono ancora tantissimi i poveri del mondo, quelli che vivono con meno di 1,25 dollari al giorno. A loro guarda la Banca Mondiale che si è posta l’obiettivo di azzerare la povertà entro il 2030 e di farla scendere al di sotto del 10% entro il 2020, cioè da un miliardo a poche centinaia di migliaia di persone, oltre che di promuovere la distribuzione della prosperità, e che proprio in questi giorni a Washington ha illustrato la sua nuova strategia, frutto della prima riorganizzazione dopo vent’anni.