Napolitano chiede garanzie al premier

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ROMA — Un incontro concepito per dare una prova di esistenza in vita del suo governo e di saldezza della sua maggioranza. Per sgombrare le accuse di chi insiste a dire che lui è ormai concentrato solo su se stesso e sui propri guai giudiziari. E per dimostrare di essere in grado di giocare con sicurezza anche la partita dell’emergenza economica, a cominciare da una manovra tris per la crescita, sollecitata come «urgente» da Bce, mercati e Quirinale.

Erano queste le intenzioni per le quali Silvio Berlusconi ha chiesto martedì, e ottenuto ieri, un colloquio con Giorgio Napolitano. Faccia a faccia durato quasi un’ora e mezza, subito prima di cena. Con un premier infervorato a spiegare che «tutto va bene», che «la doppia manovra è servita», che adesso penserà  al «rilancio» e che, anzi, ha «già  messo al lavoro tecnici ed esperti per studiare i provvedimenti necessari». E, a larghissime linee, indica anche orientamenti e obiettivi.

Di più. Sapendo quanto al capo dello Stato stia a cuore «sottrarre a qualsiasi tensione esterna» (cioè a mediazioni politiche) la designazione del successore di Mario Draghi alla Banca d’Italia — in modo che sia preservata l’autonomia e l’indipendenza dell’istituto — annuncia l’avvio delle procedure necessarie. Il nome evocato, ma non formalizzato per le residue resistenze del ministro dell’Economia Giulio Tremonti e della Lega, è quello dell’attuale direttore generale, Fabrizio Saccomanni. Se il candidato resterà  lui, il presidente della Repubblica si pronuncerà  alla fine di un percorso che comprende diversi passaggi e consultazioni.

È questo, sbrigato piuttosto in fretta, il prologo del colloquio. Che di colpo cambia tono e diventa teso quando Napolitano, impressionato dal giudizio con cui Standard&Poor’s ha appena abbassato il rating di sette banche italiane, domanda a Berlusconi se davvero crede di farcela. Lo incalza. Hai i numeri per realizzare ciò che serve? La tua maggioranza è in grado di tenere? Bada che, per rasserenare l’Europa e non essere schiacciati dalla speculazione finanziaria, servono garanzie precise. Le puoi dare?

Domande quasi retoriche, per un uomo che ostenta bioritmi alle stelle, tanto che Gianni Letta, seduto al suo fianco, in certi momenti deve quasi frenarlo. Il Cavaliere, insomma, ribatte nel suo stile e con il solito repertorio dell’orgoglio ottimista. Sì, i numeri ci sono e lo dimostra il fatto che ho incassato la fiducia delle Camere una decina di giorni fa. Sì, il centrodestra è saldo e coeso, con Bossi mi sono visto poco fa e sarà  leale. E comunque, dicano quel che vogliono, passi indietro non ne faccio. Non mollo. Non cedo, nonostante i giudici mi stiano ormai perseguitando. Sono pronto a sfidare tutti.

Così, più o meno alla lettera, Napolitano verifica una tenace volontà  di arroccamento. Uno schema scontato, che tuttavia non può rasserenarlo. La situazione è appesa a un filo e il Colle è a sua volta assediato da un pressing (con la richiesta di un improponibile messaggio alle Camere per agevolare l’uscita di scena di Berlusconi) che infastidisce molto il presidente.

Oggi incombe il voto di Montecitorio sul caso Milanese, che ha assunto il significato di un referendum sul governo. Voto blindato, assicura il premier. Sarà . Presto però arriverà  un altro pronunciamento, sul ministro Saverio Romano, accusato di reati legati alla mafia: se dovesse andare come Palazzo Chigi non vuole, sarà  difficile al Quirinale far finta che nulla sia successo. Proprio come resta difficile da digerire, per Napolitano, la mancata citazione del ruolo svolto dall’Italia nella missione in Libia, da parte del presidente americano Obama. Infatti protesta: ma non abbiamo un ministro degli Esteri che possa parlare con il segretario di Stato Hillary Clinton?


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