Palestina, primo passo per il riconoscimento “Venerdì presenteremo la richiesta all’Onu”

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NEW YORK – Adesso è solo una corsa contro il tempo per evitare che le Nazioni Unite si ritrovino disunite come mai. Il presidente dell’autorità  palestinese Abu Mazen ha ufficialmente informato il segretario dell’Onu Ban Ki-moon che venerdì prossimo presenterà  la «richiesta di adesione come stato dell’Onu».
Dovrebbe essere una festa per tutti. Era stato lo stesso Barack Obama ad augurarsi che entro il 2012 le Nazioni Unite avrebbero potuto accettare il loro 194esimo stato. E invece proprio il presidente Usa – che a New York parlerà  domani – sarebbe costretto ad apporre il veto. Il riconoscimento doveva arrivare attraverso i colloqui di pace: promossi dagli stessi americani ma falliti di fronte al rifiuto del premier Benjamin Netanyahu di fermare gli insediamenti nei Territori e a Gerusalemme Est.
La mossa palestinese è una implicita ammissione dell’impossibilità  del dialogo. E quindi una sfida. Lo dice sempre Abu Mazen di prevedere un «periodo difficile»: un eufemismo per indicare quella «esplosione di violenza» evocata ieri dal ministro degli Esteri francese Alain Juppè. Hamas ha annunciato l’accordo con Fatah per «annullare tutte le manifestazioni»: ma che potrebbe succedere nei Territori se la richiesta si infrangerà  contro il no del Consiglio?
Il fatto è che la sfida palestinese ha tutti i crismi della giurisdizione internazionale: e per questo mette in imbarazzo l’Unione europea. «Una divisione tra Usa e Ue sarebbe catastrofica» ha detto il ministro Franco Frattini a New York per l’Assemblea generale. Aggiungendo però che «bisogna dare ai palestinesi qualcosa di tangibile». Ma cosa? Gli americani minacciano piuttosto qualcosa da togliere: gli aiuti da 500 milioni di dollari all’anno. Il segretario di Stato Hillary Clinton ha incontrato il commissario europeo Catherine Ashton. E lo stesso Ban Ki-moon ha partecipato alle riunioni del Quartetto (Onu, Ue, Usa e Russia) accavallatesi tra domenica e ieri. La Casa Bianca continua a sperare che palestinesi e israeliani negozino «un compromesso» attraverso una «trattativa diretta». Ma a questo punto gli scenari si intrecciano vertiginosamente.
Il più ottimista è la controproposta su cui lavora proprio il Quartetto per dissuadere in extremis i palestinesi: facendo ripartire i colloqui proprio nella meravigliosa cornice dell’Onu oggi ridipinto in scenografia da guerra. Ma Abu Mazen ha già  rispedito al mittente l’offerta che l’ex premier inglese ha confezionato con i due inviati Usa Dennis Ross e David Hale: e che avrebbe detto alla Palestina «gli attributi di uno stato» senza però la qualifica. Piccolo particolare: l’Autorità  palestinese avrebbe così potuto sedere in tutte le organizzazioni internazionali. Tranne in quelle giudiziarie: dove invece come stato membro potrebbe portare gli israeliani davanti alla Corte di giustizia o alla Corte criminale internazionale.
Senza accordo Abu Mazen venerdì presenta quindi la sua richiesta che va al Consiglio di Sicurezza. E qui scatterebbero gli scenari due, tre e quattro. I palestinesi ottengono i 9 voti su 15 necessari: ma già  sei Stati sarebbero contro e gli Usa stanno lavorando sul numero per evitare di porre il veto. Scenario numero tre: il Consiglio di sicurezza passa la richiesta e gli americani la bloccano. Per la Turchia di Recep Tayyip Erdogan – che ha da tempo raggelato le relazioni con Israele, sempre più isolato, e ora in freddo anche con l’Egitto – la posizione americana sarebbe «difficile da comprendere e sostenere». Ma a questo punto saremmo già  allo scenario numero quattro: la proposta bocciata viene presentata all’Assemblea generale. Qui per i palestinesi i numeri ci sarebbero. L’Assemblea ha il potere di conferire lo status di “Stato osservatore”. E la qualifica riservata oggi solo alla Città  del Vaticano ma permette l’accesso a tutte le organizzazioni internazionali – e quindi anche a quelle giudiziarie.
Ma i tempi? Ecco: sui tempi del voto – da quello del Consiglio a quello eventuale della Assemblea – è ancora tutto da decidere. E qui si aprirebbe lo scenario numero cinque. Il Consiglio potrebbe rispondere alla richiesta palestinese istituendo una bella commissione incaricata di esaminarla. L’ultimo disperato tentativo per prendere quello che in queste ore freneticamente manca: il tempo.


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