Iva, aumenti anche su cibi e bevande metà del carrello della spesa sale al 21%
ROMA – Se nel carrello della spesa mettete bibite analcoliche, tè o caffè, vino o birra, cioccolato, acqua minerale, sale, superalcolici, oltre a qualche sfizio gastronomico, come ostriche o aragoste, allora preparatevi a pagare l’Iva al 21%.
Il balzo dell’imposta, entrato in vigore da ieri, si applica, infatti, anche a moltissimi alimentari che non rientrano nel gruppo di quelli con l’Iva ridotta al 4%. È una batosta silenziosa che si nasconde dietro le etichette di tanti prodotti, presenti in buona parte dei sacchetti della spesa. Sono dei comunissimi generi alimentari che pesano per quasi il 50% del conto finale alla cassa. Quell’uno per cento, dunque, potrebbe far salire i costi di almeno 1 euro su uno scontrino da circa 200 euro con una metà di prodotti con Iva al 4% e l’altra metà al 21%.
In particolare il costo di una bottiglia di vino dal costo orientativo di 10 euro salirà 10 centesimi. Su un pacco di succhi di frutta (4 euro) si applicherà un aumento di 4 centesimi, una bottiglia di birra (1 euro) costerà 1 centesimo di più, un whisky di qualità (intorno ai 40 euro) rincarerà di 40 centesimi, così come una confezione di acqua minerale (2 euro) salirà di 2 centesimi.
Attenzione quindi agli aumenti che da ieri sono stati applicati anche nel settore alimentare e che vanno ad affiancare i rincari su computer e prodotti hi-tech (dall’iPad alle tv fino al personal computer), abbigliamento e calzature, giocattoli, audio-video, gioielli, automobili (riparazione, vendita, carburanti), mobili, orologi, cosmetici e profumi, anche quelli venduti in farmacia dove il regime Iva è di norma fissato al 10%.
Tra gli altri ritocchi vanno ricordati quelli che scattano su tanti settori e servizi, dalle lavanderie al parrucchiere, dai trasporti agli abbonamenti internet o tv e le bollette energetiche. In particolare su questo tema si fa sentire il Codacons che lancia l’allarme sui consumi del gas (a partire da una certa soglia di consumi), sulle bollette telefoniche e quelle relative ai servizi internet: «La legge fiscale – spiega l’associazione – consente ai gestori di retrodatare l’incremento dell’Iva, che può essere quindi applicato sui consumi non ancora fatturati. Ciò comporterà un maggior esborso per milioni di euro a danno dei cittadini nonostante sia materialmente possibile limitare l’incremento dell’Iva ai consumi realizzati a partire da oggi». In sostanza il Codacons invita i consumatori a controllare che in bolletta gli incrementi partano con data 18 settembre. Inoltre l’associazione segnala «l’aumento dell’Iva e arrotondamenti vari messi in pratica dal 35% degli esercizi commerciali». Si tratta di «rincari applicati principalmente dai piccoli negozi – spiega l’associazione – e i beni maggiormente colpiti sono quelli di piccolo importo come prodotti per la pulizia della casa e per l’igiene personale. Il rischio è che i rincari possano estendersi anche a beni e servizi non coinvolti dallo scatto dall’aliquota Iva, determinando così una stangata pari a 385 euro a famiglia».
Per Confesercenti, invece, il passaggio dell’Iva al 21% graverà per 140 euro sul 70% delle famiglie mentre secondo Federalimentare ogni nucleo familiare sborserà 50 centesimi al giorno pari a 180 euro l’anno. Adusbef e Federconsumatori, infine, parlano di «ricadute pesanti da 173 fino a 408 euro annui per famiglia».
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Una ricostruzione accurata, firmata da Marcus Walker e altri due giornalisti, quella del Wall Street Journal. Il giornale di Rupert Murdoch non nasconde nulla della crisi degli «spread» nell’eurozona da agosto in poi.