Dubbi sulla linea politica e freddezza dei militanti Lega a Venezia tra i tormenti

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FERRARA — Quanto è lontano il 2013? Tenere in vita il governo è accanimento terapeutico? Oppure, «bisogna comunque garantire alimentazione e idratazione», e cioè il voto in Aula, e poi accada quel che accada? In queste ore nel Carroccio gli interrogativi sono molto più numerosi delle risposte. E i dubbi espressi ai piedi del Monviso da Umberto Bossi riguardo alla durata della legislatura sono gli stessi che circolano in tutto il movimento.
Ieri il leader leghista, a dispetto degli annunci, non si è presentato sul barcone che tradizionalmente discende il Po con la prua rivolta a Venezia. Barcone, tra l’altro, con la metà  dei passeggeri dell’anno scorso. Così come era pochissimo affollato l’attracco di Ro Ferrarese dove il capo padano avrebbe dovuto approdare per un «saluto ai militanti». Mentre con il passare delle ore cresce la tensione per la possibilità  inaudita di contestazioni durante il momento clou della Festa dei popoli padani, il gran comizio finale sulla Riva dei martiri di Venezia. La paura non è tanto nei confronti dei centri sociali e di quanti già  da ieri hanno contestato la presenza del Carroccio in laguna. Lo spettro è quello di una protesta interna da parte di militanti delusi.
Eppure, la manifestazione di ieri è stata tutt’altro che uno scherzo. Stazione bloccata per mezz’ora e una ventina di feriti tra poliziotti, carabinieri e manifestanti, compreso il consigliere comunale verde Beppe Caccia.
Durissimo il segretario di Rifondazione, Paolo Ferrero, che ha parlato di «uso privatistico del Viminale da parte del ministro Maroni», che per «ostacolare la mobilitazione popolare contro il suo partito razzista ha impedito una manifestazione contro la Lega». Ferrero ha anche minacciato di «rimanere in piazza tutta la notte. Poi domani vediamo dove la versa Bossi la sua acqua».
In ogni caso, riguardo alla disaffezione che cresce, la Lega non sforza la fantasia: la colpa è dei giornalisti. Curioso che i rapporti siano tesissimi con tutti i giornali, di qualsiasi linea e orientamento politico. Anzi: con le testate vicine al centrodestra, i padani son quasi ai coltelli.
In realtà , le difficoltà  sono lo specchio delle incertezze sulla linea politica. In particolare, ma non solo, riguardo all’ingombrante alleato che, per dirla con un dirigente padano, «ogni giorno che passa è investito da nuove ondate di palta». E così, l’annunciata volontà  del premier di voler rilanciare con forza il ddl intercettazioni fa correre un brivido su molte schiene: «È impensabile… Vien giù il mondo, e noi continuiamo a dare l’impressione di non fare niente che non sia lo star dietro alle smanie di Berlusconi sulla giustizia. Riuscisse poi a metterne a segno una…».
Ma il provvedimento sulle intercettazioni è dopodomani. Il futuro prossimo ha un nome e un cognome precisi: Marco Milanese. Il voto alla Camera per l’arresto dell’ex braccio destro di Giulio Tremonti rappresenta per i leghisti il primo tormento. Se il voto fosse palese, nulla quaestio: Umberto Bossi darà  l’ordine di votare contro l’arresto. Ma in caso di voto segreto, sarebbero dolori. L’ingresso in carcere dell’ex collaboratore del più importante dei ministri «rischia di far traballare sul serio il governo». Sennonché, ragiona un dirigente di primissimo livello, «se il governo cade adesso, viene sostituito da un altro governo. E nemmeno è detto che sarà  formato da quelli che hanno vinto nel 2008». Se invece il governo cadesse nei primissimi mesi del 2012, «si andrebbe difilato alle elezioni». Una soluzione migliore? Mica detto: «Saremo ancora più bolliti che adesso».


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