Chrysler, porta in faccia a Marchionne
Non è detto che a fare i «capricci» siano sempre e solo i lavoratori (e i sindacati) italiani: ieri l’amministratore delegato di Fiat (e presidente e ceo di Chrysler), Sergio Marchionne, una bella porta in faccia l’ha ricevuta anche dal sindacato americano. Bob King, leader del potente Uaw, e interlocutore privilegiato per il capo del Lingotto, ha deciso di non presentarsi al tavolo alla mezzanotte di ieri (le sei in Italia), lasciando Marchionne solo e arrabbiato. L’ad della Fiat era volato appositamente dal Salone di Francoforte a Detroit per chiudere il rinnovo dei 26 mila dipendenti Chrysler, a due anni dal pesante piano di risanamento dell’azienda, che aveva visto operai e impiegati accettare condizioni capestro. Evidentemente, ora il sindacato ha deciso di alzare la posta.
A rimanere aperta, per la Uaw, è soprattutto la parte economica: nel 2009 tra Marchionne, il presidente Barack Obama (che finanziò la ripresa con un ingente prestito) e lo stesso King, fu concordato un contestatissimo regime di paghe dimezzate per tutti i nuovi assunti. Adesso la Uaw, passando in un certo senso all’incasso (dato che il finanziamento è stato restituito puntualmente a Obama e visti i buoni risultati di Chrysler), chiede un aumento di 2 dollari delle paghe dei nuovi assunti, oggi retribuiti 14 dollari l’ora contro i 28 dei più anziani. Il sindacato chiede anche che i lavoratori possano partecipare agli utili del gruppo.
Il super manager dei due mondi non ha nascosto il suo disappunto per l’assenza di King, e presa carta e penna ha inviato alla controparte una bella lettera di rimprovero: «Ci siamo incontrati l’ultimo weekend e messi d’accordo che oggi avremmo firmato – scrive Marchionne – Per chiudere è necessaria la tua e la mia presenza, ma tu non ti sei presentato». «Penso ai nostri 26 mila dipendenti – riprende l’ad Fiat – che domani lavoreranno senza un nuovo contratto e senza neanche un’intesa tra Chrysler e Uaw che preveda l’estensione del vecchio. Non c’è un accordo nemmeno sull’eventuale ricorso all’arbitrato. So che noi siamo la più piccola delle tre case automobilistiche a Detroit (Ford, Gm e Chrysler, ndr) ma non per questo siamo la meno rilevante. I nostri lavoratori non sono meno importanti».
Come dire, il sindacato fa prima di tutto un danno ai lavoratori: tesi identica, Marchionne la usa al di qua dell’Atlantico con la riottosissima Fiom. Nella lettera agli americani, comunque, il manager si sarebbe detto disponibile a prorogare il vecchio contratto di una settimana (scadeva ieri), per permettere così la chiusura di tutte le questioni ancora aperte, a partire da quella economica.
Sulla questione si è espresso anche il presidente della Fiat, John Elkann: «Aspettiamo presto un accordo con i sindacati della Chrysler», ha detto. Ottimista anche David Thorne, ambasciatore americano in Italia: «So quanto sono buoni i rapporti tra Marchionne e i sindacati americani per cui nutro buone speranze», ha affermato. Infine, il commento della Fiom: «Marchionne – ha osservato il segretario nazionale Giorgio Airaudo – non dovrebbe stupirsi e dovrebbe smetterla di contrapporre sindacati buoni e sindacati cattivi. Come vede non solo la Fiom sa fare il suo mestiere e può firmare o meno accordi».
Related Articles
Cassa integrazione e contratti ecco il piano della discordia sul lavoro trattativa in salita
Parte in salita il negoziato sul lavoro. Il governo frena il ministro del Welfare Tagli alla cassa integrazione ma i sindacati dicono no. Il governo frena il ministro Fornero propone un confronto anche on line per accelerare i tempi, ma il metodo non piaceConfindustria teme che le novità ostacolino le ristrutturazioni necessarie nel 2012
Il nazionalismo del Giappone apre la sfida delle valute
Forse era solo questione di tempo. Semmai c’era da stupirsi che non fosse successo finora. Ai tempi dell’altra grande crisi, quella esplosa con il grande
crash del ’29, bastarono due anni perché i grandi blocchi commerciali sprofondassero nel protezionismo: lo Smoot-Hawley Act, la legge americana che fissava dazi astronomici su una lunga lista di prodotti europei fu solo l’innesco della spirale. I Paesi europei puntualmente seguirono.
Lavorano e fanno figli: così i migranti finanziano l’Europa
Per salvare le nostre pensioni servono 250 milioni di rifugiati entro il 2060. Ecco perché per gli economisti sono una risorsa