SCUOLA. Tagli, le regioni ricorrono alla Corte

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La «rivoluzione» è stata progettata già  dal 2008, ma è entrata in vigore solo oggi grazie alla spinta propulsiva della manovra finanziaria di luglio in cui spunta l’articolo 19. Con questa norma il governo intende commissariare le competenze delle regioni e procedere d’autorità  alla creazione di istituti scolastici «comprensivi», costituiti da un numero minimo di mille alunni. Dalla settimana scorsa questo progetto è diventato il poligono nel quale le regioni di centrosinistra hanno iniziato ad esercitare il loro tiro al bersaglio. Come già  riportato sul manifesto del 12 settembre, la Puglia di Vendola e la Toscana di Rossi hanno già  fatto ricorso alla Corte Costituzionale contro la decisione del governo di aggregare le scuole dell’infanzia, la scuola primaria e la secondaria di primo grado e quella di non assegnare dirigenti scolastici a tempo indeterminato per le scuole con meno di 500 alunni. Ieri è stato il turno dell’Emilia Romagna che ha annunciato un ricorso analogo. L’impressione è che una valanga si stia per abbattere sul ministero di Viale Trastevere.
Ormai tutti i provvedimenti del governo sui tagli sono destinati a passare al vaglio dei giudici. Sempre ieri Vendola ha annunciato il ricorso contro quelli al trasporto pubblico locale, ai servizi e ai beni comuni, mentre l’assessore regionale alla Scuola dell’Emilia Romagna, Patrizio Bianchi, sosteneva che già  nel 2004 la Corte ha confermato che la materia dell’organizzazione scolastica spetta alle regioni, mentre allo Stato spetta la sola emanazione delle norme di principio. L’Emilia, come la Toscana, sono le regioni modello nella politica del risparmio sulle spese e del dimensionamento scolastico concordata con le comunità  locali. «Il 60% delle scuole nella nostra regione – ha sostenuto Bianchi – sono già  istituti comprensivi, ma imporre i 500 alunni nei territori di montagna significherebbe accorpare situazioni molto lontane tra loro e di fatto annullare il radicamento delle scuole sul territorio». Sempre ieri la Toscana ha rincarato la dose. Il Consiglio regionale ha approvato a maggioranza tre mozioni sull’edilizia scolastica, i corsi di laurea in lettere ad Arezzo e le «classi pollaio» che Gelmini continua a negare, pur avendo riconosciuto l’esistenza di 2.108 classi con almeno 63.240 studenti. È stata approvata una risoluzione che impegnerà  la regione a vigilare sull’illegittimità  dei provvedimenti sull’organico dei docenti, visto che il governo non sembra volere rispettare i pronunciamenti del Tar del Lazio e del Consiglio di Stato. «Chiediamo al ministro di presentarsi in aula con cifre e numeri da lasciare agli atti parlamentari», ha chiesto la capogruppo Pd in commissione Cultura alla Camera, Manuela Ghizzoni.


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