Parigi si risveglia più insicura E i socialisti: ora basta centrali

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Qui, alle porte della Provenza, furono realizzati i primi reattori per la costruzione della bomba atomica francese, e qui nacque la prima filiera grafite-gas (tecnologia ora obsoleta) per la produzione di energia nucleare a uso civile. È vero, Marcoule è la culla dell’atomo francese e un pannello luminoso all’entrata del Paese ieri sera assicurava «nessuna fuga radioattiva, nessuna restrizione, incidente chiuso»: ma l’incidente c’è stato, una persona è morta, e il nome di Marcoule viene già  brandito come una clava dagli antinuclearisti — che sono sempre di più anche in Francia — per dimostrare che la sicurezza al 100 per cento non esiste, neanche nella nazione che da sempre si vanta di essere al riparo da qualsiasi pericolo radioattivo.
A Marcoule, quel nucleare che entra nelle cucine di ogni francese (per esempio sotto forma di piastra elettrica invece dei fornelli a gas) è ancora più vicino, famigliare, banale. Gli stessi addetti alla sicurezza che controllano ogni settimana i valori della terra e dell’acqua, ieri hanno fatto un’ispezione supplementare raccogliendo la polvere sul tetto delle automobili, per concludere che il livello di radioattività  era, come al solito, prossimo allo zero. Ci sono altri 95 siti nucleari in Francia ma qui i vigneti arrivano a 50 metri dal cancello e sull’altra riva del Rodano, a soli 10 chilometri, si produce lo Chà¢teauneuf-du-Pape, uno dei vini più pregiati del mondo. «Ho sempre pescato nel fiume e naturalmente continuerò a farlo», diceva ieri Pierre Cardonne, un abitante del vicino villaggio di Bagnols-sur-Cèze accorso davanti alla centrale. A Codolet, il vicino paese sottovento dove quindi si fanno abitualmente i test dell’aria, neanche un abitante ieri ha preso l’auto spinto dalla paura.
Il panico invece è tutto del governo: nonostante Fukushima, non può certo abbandonare da un giorno all’altro un’energia che — nonostante tutte le pale eoliche e il fotovoltaico — fornisce ancora quasi il 75 per cento del fabbisogno energetico della nazione. Ecco perché ieri, quando alle 16 l’incidente è stato dichiarato chiuso, è cominciata la battaglia delle interpretazioni. «Evento meccanico-industriale, non nucleare», ha voluto chiarire il ministro dell’Industria Eric Besson, che si è pure scandalizzato per la soddisfazione maltrattenuta di qualche verde. «Trovo nauseanti le grida di piacere per un evento dove comunque è morto un uomo», ha aggiunto il ministro. La collega dell’Ecologia Nathalie Kosciusko-Morizet è arrivata velocemente sul posto per chiarire che «non c’è motivo di allarmarsi, nessuna fuga radioattiva».
Eppure Marcoule, che era stata già  criticata in passato per problemi al sistema antincendio, ieri ha segnato uno spartiacque: non ci sono solo gli ambientalisti di Greenpeace e di «Sortir du nucléaire» a esprimere «sfiducia nella versione ufficiale» e a chiedere «più trasparenza nella comunicazione». Per la prima volta, la candidata nelle primarie socialiste per la presidenza della Repubblica, Martine Aubry, ha rotto l’unanimismo delle grandi forze politiche francesi dichiarando la sua volontà  di uscire progressivamente sì, ma senza indugi, dal nucleare. Nessuna fuga radioattiva, ma molti, soprattutto a Parigi, vorrebbero che Marcoule dell’atomo francese fosse non solo la culla ma anche la tomba.


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