Il monito di Benedetto XVI «Superare il precariato»

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ANCONA — «L’uomo cade spesso nell’illusione di poter trasformare le pietre in pane». Il tono di Benedetto XVI è solenne, «dì che questi sassi diventino pane» è la prima delle tentazioni che nel Vangelo il diavolo rivolge a Gesù, il pontefice parla a centomila fedeli arrivati ieri alla messa conclusiva del congresso eucaristico nell’area della Fincantieri, lungo il porto, a ridosso del gigantesco carroponte fermo da maggio per la crisi. Sul colle Guasco, ai piedi della cattedrale, è appeso uno striscione messo («col permesso del vescovo») dagli operai, «lavoro e dignità  vero bene comune», e il Papa non delude le attese, chiede di «restituire dignità  ai giorni dell’uomo e quindi al suo lavoro», di cercare «la conciliazione del lavoro con i tempi della festa della famiglia», di impegnarsi a «superare l’incertezza del precariato e il problema della disoccupazione». Lo dirà  anche ai rappresentanti dei cassaintegrati che più tardi hanno pranzato con lui: «La Chiesa è molto vicina al mondo del lavoro, non dimenticatelo mai».
Ma prima, e a tenere insieme tutto, c’è la faccenda del pane e delle pietre, parole durissime a chiedere quella «revisione profonda e lungimirante» del modello di sviluppo dell’economia che invocò nell’enciclica Caritas in veritate: «Dopo aver messo da parte Dio, o averlo tollerato come una scelta privata che non deve interferire con la vita pubblica, certe ideologie hanno puntato a organizzare la società  con la forza del potere e dell’economia», scandisce ora il Papa. E il risultato, nel tempo dell’«eclissi di Dio», è la crisi economica globale: «La storia ci dimostra, drammaticamente, come l’obiettivo di assicurare a tutti sviluppo, benessere materiale e pace prescindendo da Dio e dalla sua rivelazione si sia risolto in un dare agli uomini pietre al posto del pane».
Benedetto XVI aveva usato la stessa immagine nel primo volume del «Gesù di Nazaret»: «Non si può governare la storia con mere strutture materiali, prescindendo da Dio». L’economia ha bisogno di un’etica della dignità  umana. Così il mondo «deve recuperare il primato di Dio», fondamento «di uno sviluppo sociale positivo che ha al centro la persona, specie quella povera, malata o disagiata». Il cristiano guarda «alle situazioni indegne dell’uomo» — affamati, assetati, poveri, ammalati, carcerati —, a una società  «più equa e fraterna», al «bene comune».
Ci sono tantissimi ragazzi, ad Ancona. E all’incontro con i fidanzati, come alla Gmg di Madrid («se i giovani di oggi non trovano prospettive nella loro vita, anche il nostro oggi è sbagliato, è male») torna a denunciare l’incertezza del loro futuro. Dal pane al vino: «Come nelle nozze di Cana, sembra sia venuto a mancare il vino della festa. Soprattutto la difficoltà  di trovare un lavoro stabile stende un velo di incertezza sull’avvenire, contribuisce a rimandare l’assunzione di decisioni definitive e incide in modo negativo sulla crescita della società ».


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LA MINACCIA DELL’ARTICOLO 8

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I commenti all’articolo 8 del decreto sulla manovra finanziaria hanno insistito per lo più sul rischio che esso faciliti i licenziamenti, rendendo di fatto inefficace l’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori allorché si realizzino “specifiche intese” tra sindacati e azienda. È stato sicuramente utile richiamare l’attenzione prima di tutto su tale rischio, di importanza cruciale per i lavoratori. Tuttavia un’attenzione non minore dovrebbe essere rivolta ad altre parti dell’articolo 8 che lasciano intravvedere un grave peggioramento delle condizioni di lavoro di chiunque abbia o voglia avere un’occupazione alle dipendenze di un’azienda.

Una manovra equa, con qualche nodo da sciogliere

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Un documento unitario CGIL, CISL e UIL sulla Finanziaria

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