In scena la deriva della destra americana il cowboy Rick Perry star della sfida in tv

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NEW YORK – Siamo già  scesi a due? Troppo rapido, troppo semplice. Se è così si tratta di scegliere se dal 2012 l’America sarà  governata da una destra moderata modello Boston, o da una destra reazionaria modello Texas. Ma un Texas extra-strong, roba che al confronto avremo nostalgia di George Bush. Il duello televisivo fra i candidati repubblicani mercoledì sera si è ridotto a questo.
Sui sette candidati, cinque hanno fatto da tappezzeria. La star è stata senza dubbio Rick Perry, il governatore del Texas. Un cowboy vero, deciso a recitare la parte fino in fondo. «Le capita mai di non addormentarsi la sera, pensando che uno dei 234 condannati a morte di cui lei ha firmato l’esecuzione potrebbe essere un innocente?» A questa domanda dell’anchorman Brian Williams (Nbc) il governatore che vanta il record di esecuzioni ha risposto con un ghigno di soddisfazione: «Dormo benissimo, chi viene in Texas per commettere crimini è punito con la dura legge del Texas».
Applausi a scena aperta, sotto lo sguardo sperduto dell’ex First Lady Nancy Reagan, nella biblioteca dedicata al marito dove si teneva l’evento. E giù sullo stesso tono: Perry ha detto che «la scienza non ha dimostrato il cambiamento climatico», ha definito Barack Obama «un abietto bugiardo», le pensioni «una truffa colossale». Perfino Ronald Reagan avrebbe avuto i brividi alla schiena: per ritrovare una destra così bisogna risalire a personaggi come Barry Goldwater e George Wallace, gente che pescava i voti anche nel Ku Klux Klan.
Ma c’è un limite, alla deriva estremista della destra americana? La risposta sembra facile. Come sempre, le primarie hanno tendenza a premiare il candidato che infiamma gli animi della base militante; ma se quella base non è accecata totalmente dal fanatismo ideologico, alla fine voterà  col cervello: scegliendo il candidato più capace di fare il pieno di voti indipendenti, per sconfiggere Obama.
Così si presenta Mitt Romney, numero due nei sondaggi, ma ben deciso a riacciuffiare Perry nella lunga corsa delle primarie. «No, caro Perry, non puoi dire a decine di milioni di anziani che vivono della Social Security che quel sistema previdenziale è da buttare»: con queste frecciate di buonsenso comune, l’ex governatore del Massachusetts si è posizionato come l’uomo del centro, l’unico in grado di vincere la battaglia finale nel novembre 2012. Al texano che vantava il boom economico del suo Stato, Romney ha risposto a tono: «Il tuo Texas è ricco di petrolio, beati voi, ma non te ne attribuire il merito sennò sembri Al Gore quando disse che lui aveva inventato Internet». Sul presunto miracolo texano ha sfoderato altre contro-verità : sotto Perry è vero che sono stati creati tanti posti di lavoro, ma spesso a salari «messicani»; le scuole stremate dai tagli di bilancio hanno i risultati peggiori di tutti gli Stati Uniti; il Texas ha anche il record nazionale di cittadini senza alcuna assistenza sanitaria. Un «petro-Stato» lasciato alla mercè di un capitalismo selvaggio.
Eppure per gran parte della serata è stato Romney sulla difensiva. Ha dovuto promettere che da presidente abrogherebbe subito la riforma sanitaria di Obama, «con un decreto presidenziale esecutivo», per farsi perdonare la sua «sanità  socialista», quella riforma che varò nel Massachusetts così simile al modello democratico. Romney ha dovuto inginocchiarsi simbolicamente davanti ai dogmi del Tea Party, che non lo ama affatto: «Se essere del Tea Party vuol dire ridurre lo Stato e ridurre la spesa pubblica, allora mi considero anch’io del Tea Party». Troppo poco, troppo tardi. Finché la partita si gioca dentro la folla vociferante della destra più scatenata, Romney non incanta e il suo passato di finanziere è sospetto (come capo della Bain era uno specialista di ristrutturazioni e licenziamenti massicci). Perfino Perry ieri ha rischiato di essere scavalcato a destra: quando Michele Bachmann e Ron Paul lo hanno attaccato per avere promosso la vaccinazione delle adolescenti contro il papillomavirus. «Un incentivo alla promiscuità », ha urlato la Bachmann. Tutti uniti solo quando Newt Gingrich li ha richiamati all’ordine: «È inutile che i giornalisti cerchino di aizzarci l’uno contro l’altro. Il nemico è Obama, lo sconfiggeremo».


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