Il tetto europeo del pareggio di bilancio
La prima è stata la Germania due anni fa. Poi la Spagna, due giorni fa. E adesso anche l’Italia ha avviato l’iter per introdurre nella Costituzione il pareggio di bilancio, ribattezzato in Europa negli anni Novanta golden rule. Ma all’epoca il pareggio di bilancio — che aveva tra i sostenitori l’allora commissario europeo Mario Monti — era al netto degli investimenti per la crescita. Ora il dibattito si è invece concentrato sul solo equilibrio dei conti.
Il disegno di legge
Ieri il Consiglio dei ministri ha varato il disegno di legge costituzionale che stabilisce che il bilancio dello Stato dovrà rispettare «l’equilibrio delle entrate e delle spese» a partire «dall’esercizio finanziario 2014». Potrà indebitarsi solo «nelle fasi avverse del ciclo economico» o nei casi di emergenza, ma lo stato di necessità dovrà essere dichiarato dalle Camere con voto a maggioranza assoluta. Inoltre «ogni legge che importi nuovi o maggiori oneri finanziari provvede ai mezzi per farvi fronte». E sull’esercizio provvisorio del bilancio stabilisce che «non può essere concesso se non per legge e per periodi non superiori complessivamente a quattro mesi». Il vincolo varrà anche per Comuni, Province, città metropolitane e Regioni, che dovranno tenerne conto anche nell’ambito della loro autonomia finanziaria di entrata e di spesa. Il nuovo ddl va dunque a modificare gli articoli 53, 81 e 119 della Carta. L’iter di approvazione dei disegni di legge costituzionale prevede un doppio via libera di Camera e Senato sullo stesso testo con una maggioranza dei due terzi per evitare il possibile ricorso al referendum abrogativo.
Le regole
L’anno delle regole è il 1992, quando il Trattato di Maastricht introdusse il tetto del 3% del Pil per il deficit e del 60% del Pil per il debito pubblico come condizioni da realizzare entro il 1997 per gli Stati che volessero entrare nell’euro. Poi venne il Patto di stabilità , con le sanzioni e la regola dello zero deficit per l’Eurozona. Ma quando nel biennio 2004-2005 Francia e Germania violarono i vincoli, il Patto fu ammorbidito per non multarle. Il resto è storia nota fino alla crisi greca con i suoi conti truccati e il timore che il contagio si estendesse ai Paesi periferici. Si arriva così a quest’estate di turbolenza per l’Italia. Nelle scorse settimane la Banca centrale europea aveva fatto pressioni su Roma perché si impegnasse a varare un pacchetto di misure per contenere deficit e debito, che desse un segnale ai mercati per recuperarne la fiducia. Il 16 agosto, poi, dal vertice tra il presidente francese Nicolas Sarkozy e la cancelliera tedesca Angela Merkel era uscita la proposta di introdurre nella zona euro già dal 2012 la golden rule.
In Europa
La Spagna, che ad agosto si è trovata sotto attacco dei mercati come l’Italia, non ha perso tempo e due giorni fa ha approvato definitivamente l’introduzione del pareggio di bilancio nella Costituzione. Il governo di Madrid ha stabilito dal 2020 un tetto dello 0,4% per il deficit pubblico e che il debito non possa superare il 60% del Pil con alcune eccezioni: catastrofi naturali, recessione economica, emergenze. Entro il 30 giugno 2012 dovrà predisporre un provvedimento che indicherà anche le sanzioni. A dare l’esempio sui conti è stata la Germania, che già nel 2009 ha introdotto una regola fiscale costituzionale che indica l’obbligo di equilibrio tra entrate e spese sia per il livello federale, a partire dal 2016, sia per i Laender dal 2020 e la possibilità di un’oscillazione del deficit in teoria non superiore allo 0,35%. Tuttavia nell’ultimo decennio Berlino non ha mai avuto un bilancio in pareggio, motivo per cui spinse per cambiare le regole del Patto di stabilità nel 2004. Il tema sta molto a cuore anche al presidente francese Sarkozy. Nel luglio scorso Parigi ha licenziato in prima lettura il provvedimento di modifica costituzionale ma l’opposizione socialista ha votato contro e per il via libera serve la maggioranza qualificata dei tre quinti delle Camere. Se le consultazioni in corso non avranno effetto e il Parlamento non approverà la modifica ci sarà un referendum popolare. L’Italia questa volta è in anticipo sui cugini d’Oltralpe, ha già avviato l’iter, ma i tempi per modificare la Costituzione dipenderanno molto dalla volontà politica. C’è chi ipotizza il passaggio definitivo entro la fine dell’anno.
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