La Nato: “Mai raid così accurati”

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TRIPOLI – A David Cameron non sono piaciute le accuse sul legame fra i servizi segreti di Sua Maestà  e quelli di Muammar el Gheddafi. Il primo ministro inglese ha ordinato un’inchiesta, affidata alla Gibson Inquiry, la stessa commissione che indaga sulle accuse all’Mi-6 di aver torturato cinque britannici rinchiusi a Guantanamo. La commissione Gibson ha subito chiarito che l’incarico «fa già  parte del suo mandato».
Le accuse ai servizi del Regno Unito erano partite dalla scoperta da parte di Human Rights Watch nell’ufficio del capo dei servizi gheddafiani di documenti riservati che documentano come gli agenti occidentali, e in particolare la Cia e lo Mi-6, avessero lavorato per trasformare il regime di Tripoli in un alleato, dopo la rinuncia di Gheddafi alle armi di sterminio, nel 2003. Nel mirino c’è la vicenda delle rendition: l’abitudine, da parte degli Stati Uniti e dei loro alleati, di consegnare i sospetti di terrorismo a regimi meno “scrupolosi” per farli interrogare pesantemente. In altre parole, alla Libia, così come ad altri Paesi in pubblico condannati per la mancanza di rispetto dei diritti umani, Usa e Gran Bretagna affidavano i detenuti da torturare. Questo era successo fra gli altri anche all’attuale capo militare di Tripoli, Abdel Hakim Belhaj, catturato dalla Cia e consegnato ai servizi libici. Belhaj adesso chiede «scuse formali» ai servizi segreti dell’Occidente.
Intanto la Nato fa un primo sommario bilancio delle operazioni: secondo il segretario generale Anders Fogh Rasmussen, l’Alleanza atlantica «ha messo in atto il suo mandato con una precisione senza precedenti». Per Rasmussen «nessuna operazione aerea simile nella storia è stata così accurata e così attenta ad evitare danni ai civili».
Sul terreno la situazione è di stallo: mentre i lealisti di Sirte aspettano la scadenza dell’ultimatum ribelle, a Bani Walid non si spara. L’offensiva dei rivoltosi contro la città  in mano ai gheddafiani non è ancora partita, ma il cerchio si stringe. Gli ultimi fedelissimi del vecchio regime non sembrano disposti a cedere le armi, ancora meno lo sono i rivoluzionari. Le trattative si sono fermate proprio sul nodo degli armamenti: secondo Saadi Gheddafi, sarebbe colpa del fratello Seif al-Islam, che ha da poco pronunciato un discorso molto aggressivo contro i rivoltosi del Consiglio nazionale di transizione. Saadi ha parlato al telefono con la Cnn, dicendo di essere «poco fuori» da Bani Walid, di non avere notizie del fratello e del padre da due mesi, e di essere pronto a svolgere un ruolo di mediazione fra il Cnt e il vecchio regime, di cui «non ha mai fatto parte».
Attualmente le truppe del Cnt sono ferme a 120 chilometri dall’abitato, in attesa di ordini. Alcune fonti ribelli prevedono un attacco massiccio per oggi, a meno che i fedelissimi di Gheddafi non decidano di arrendersi per evitare lo spargimento di sangue.


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