Ankara denuncerà  il blocco a Gaza alla Corte internazionale di giustizia

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 La Turchia presenterà  una formale richiesta alla Corte penale internazionale perché indaghi sulla legalità  del blocco navale imposto da Israele all’enclave palestinese della Striscia di Gaza. Lo ha annunciato ieri il ministro degli esteri turco Ahmet Davutoglu, parlando alla televisione di stato turca durante il vertice dei ministri degli esteri dell’Unione europea appena concluso in Polonia. Il ministro turco ha anche ribadito che il suo governo sosterrà  la richiesta di riconoscimento di uno stato palestinese presso le Nazioni unite.

Venerdì la Turchia ha espulso l’ambasciatore di Israele e congelato gli accordi di cooperazione militare con lo stato ebraico. La crisi segue il rapporto dell’Onu sul raid compiuto un anno fa dalle forze speciali israeliano sulla nave turca Navi Marmara, parte della «freedom flottilla» diretta a Gaza: il raid, avvenuto in acque internazionali, aveva fatto 9 morti. Ma il rapporto dell’Onu giustifica l’attacco, dato che parla di un uso della forza eccessivo ma dice anche che i passeggeri della Navi marmara opposero resistenza: soprattutto dichiara che il blocco navale israeliano è «una legittima misura di sicurezza per impedire che armi entrino a Gaza». E una simile conclusione ha confortato il governo di Benyamin Netaniahu in Israele, che rifiuta di fare scuse e continua a difendere l’attacco alla «freedom flottiglia».
Ora è proprio la legittimità  del blocco navale a Gaza che la Turchia vuole sfidare. Il governo di Ankara considera inaccettabile la conclusione del rapporto dell’Onu – che tra l’altro, sottolinea Davutoglu, contraddice quelli emesso dal Consiglio dell’Onu per i diritti umani. Così, «la prossima settimana avvierà  la procedura di richiesta alla Corte internazionale di giustizia, perché indaghi a fondo su cosa in effetti è il blocco a Gaza», ha detto il ministro. La Turchia ha già  reso noto che perseguirà  nei suoi tribunali gli ufficiali israeliani responsabili dell’uccisione dei 9 cittadini turchi, incluso un ufficiale che ha cittadinanza degli Stati uniti.
Il primo ministro turco Recep Tayyip Erdogan è atteso in visita in Egitto forse il 12 settembre (la data non è ancora ufficiale), e circolano ipotesi di una sua visita a Gaza dove arriverebbe attraverso il posto di frontiera egiziano di Rafah: nessun annuncio formale, ma la voce è alimentata proprio da fonti del governo turco che, senza specificare, hanno annunciato che durante la visita egiziana Ergogan potrebbe recarsi in un’altra località . Il ministro Davutoglu ha concluso con un monito a Israele, che «deve fare una scelta: la primavera araba porterà  una notevole ostilità  verso israele se non cambierà n il suo atteggiamento verso le questioni regionali».


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È stata una vittoria in agrodolce, quella ottenuta ieri dal prigioniero politico palestinese Khader Adnan, che per 66 giorni ha attuato un rigido sciopero della fame in protesta contro la condanna a quattro mesi di «detenzione amministrativa» (cioè senza processo e solo sulla base di indizi) che gli ha inflitto un giudice militare israeliano.

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