E Bonanni apre sull’articolo 8: «Modifica o via»

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Per Raffaele Bonanni – iperattivo a 360 gradi negli ultimi giorni, e sempre deciso far vedere che è lui, e non la Cgil, a fare da bilancino nelle decisioni politiche – «l’articolo 8 deve essere modificato nella parte sulla rappresentanza, o diversamente deve essere rimosso per intero».
Questa dichiarazione ieri all’incontro delle Acli, dove era invitato anche il ministro Maurizio Sacconi. Va ricordato che due giorni fa, Bonanni, insieme al collega Luigi Angeletti della Uil, e a Emma Marcegaglia di Confindustria, avrebbe incontrato «segretamente» lo stesso titolare del Welfare, proprio per parlare dell’articolo 8. Un meeting separato che ha parecchio infastidito la Cgil – smentito comunque dai protagonisti – e che in ogni caso non è dato sapere con precisione cosa abbia partorito. Fatto sta che andando l’articolo 8 a toccare tre nodi molto sensibili per la Cgil – ovvero l’accordo del 28 giugno, i contratti Fiat non firmati dalla Fiom, e l’articolo 18 – non pare realisticamente che possa rimanere così com’è senza andare a rompere l’unità  tanto cercata e raggiunta da tutte le parti appunto il 28 giugno.
La Cgil chiede di rimuoverlo del tutto, e anche il Pd e l’Idv hanno finito per appoggiare la richiesta. Ieri Bonanni ha sottolineato che «noi (la Cisl, tutte le parti? ndr) non l’abbiamo chiesto, non l’abbiamo concordato con Sacconi». E la stessa Confindustria, in una recente audizione al Senato, ha chiesto una «riflessione» su quell’articolo, chiedendo «certezza delle regole per relazioni industriali certe». Insomma, un po’ tutte le parti in gioco, dopo aver affermato che l’articolo 8 era «congruo rispetto all’accordo del 28 giugno», adesso cambiano posizione e chiedono una modifica, se non la cancellazione. È evidente la voglia di «riagganciare» la Cgil e giungere, magari dopo lo sciopero del 6, a una conferma dell’accordo, rimuovendo l’incomodo (l’articolo 8 appunto, o comunque una sua formulazione «eccessiva»).
Il segretario della Cisl spiega che «bisogna rivedere la parte che riguarda la rappresentanza, perché altrimenti ogni azienda può inventarsi un sindacato di comodo. Se non viene modificato, chiederemo di rimuovere l’articolo per intero». A Bonanni potrebbe forse bastare che si scriva la parola «confederali» dove si definiscono i sindacati autorizzati a firmare accordi in deroga, o perlomeno rappresentativi perché firmatari di accordi nazionali. Difficile però che alla Cgil possa bastare solo questo: è disposto il sindacato che scese in piazza con 3 milioni di persone nel 2002 a permettere che delle Rsu, per quanto elette dai lavoratori, o anche addirittura un referendum, possano derogare a un «diritto individuale indisponibile» e sancito dalla legge quale appunto è l’articolo 18?
In ogni caso, ieri l’«ideologicissimo» Sacconi è apparso ancora un po’ più isolato: è stato lui solo infatti a volere l’articolo 8, con l’annegamento dell’articolo 18 (sua bestia nera), o almeno così è apparso dopo che le imprese e la Cisl si sono smarcate. Una seconda botta, dopo il dietro-front sul riscatto degli anni di laurea e di naia, che molti nel governo hanno voluto scaricare su di lui.
Troppi cerini in mano, per un uomo che ama lavorare duro come uno schiacciasassi e senza invischiarsi nelle polemiche. Ideologico sopra ogni cosa: tanto che ieri al meeting Acli è tornato a parlare del suo incubo, gli anni Settanta, definendoli «bastardi». Non rendendosi conto che di questi fantasmi, ormai, è rimasto uno dei pochi prigionieri in Italia.


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