Il fisco in banca, conti correnti nel 730

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MILANO — Nella dichiarazione dovremo dire al Fisco — che già  lo sa, ma forse repetita iuvant — quanti e quali rapporti finanziari abbiamo con banche & affini. E ancora: piccole imprese ed esercenti che coltiveranno l’uso della carta di credito e del bonifico al posto del contante «vinceranno» un consistente sconto sulle sanzioni, se dovessero finire nei guai con l’Erario.
Infine il reddito di tutti potrà  finirà  in piazza, sotto il proprio campanile. Perché viene affidata ai Comuni la possibilità  di pubblicare le dichiarazioni dei propri cittadini.
Le principali novità  di largo interesse per i cittadini italiani contenute nell’ultima versione della manovra presentata ieri sono queste.
Banche nel 730
Cominciamo dal nuovo obbligo di segnalare nella dichiarazione dei redditi — destinata inevitabilmente a ricomplicarsi — quelli che l’emendamento chiama «gli estremi identificativi dei rapporti con gli operatori finanziari».
Che cosa vuol dire? Vuol dire che nel 730 e nel modello Unico, ma anche, dice il testo, nella dichiarazione Iva, andranno indicati i numeri di conto corrente bancario o postale o dei depositi presso finanziarie e fiduciarie. Una segnalazione che, nelle intenzioni del governo, dovrebbe rendere più veloce il controllo su dati che, in realtà , l’amministrazione finanziaria possiede già .
In principio, quarant’anni fa, c’era il segreto bancario che, spiegano i libri di storia fiscale, già  a partire dal 1973 con la grande riforma di Bruno Visentini, viene man mano smontato.
Il primo accenno ad una anagrafe delle posizioni finanziarie dei contribuenti risale al 1991, legge 413. Ma passeranno molti anni ancora prima che si arrivi a quella dei conti correnti, sdoganata da un decreto Visco-Bersani nell’ottobre 2007. «Si tratta di un archivio telematico a cui gli operatori finanziari devono comunicare tutti i dati dei loro clienti», spiega Valentino Amendola, responsabile affari fiscali del gruppo Deutsche Bank Italia.
Uno strumento potente, da maneggiare con cura, a cui hanno accesso solo alcune categorie di funzionari, e da cui il Fisco può attingere tutti i dati necessari per controllare quello che vuole ai fini della lotta all’evasione. Un database enorme: i rapporti registrati ammontano a 890 milioni, secondo dati ufficiali forniti dall’Agenzia delle Entrate resi pubblici nel 2009.
Ma se ognuno sarà  tenuto a segnalare nella propria dichiarazione i suoi conti e i suoi depositi, l’Erario evidentemente ritiene che il controllo possa diventare più efficiente di quanto non sia ora.
In pratica passeremo da un modello dove i redditi finanziari non figurano quasi per nulla — l’unico riferimento è nel quadro RW dove si è tenuti a segnalare le «disponibilità  finanziarie all’estero», mentre dividendi e cedole dei titoli di Stato sono tassati alla fonte in via definitiva — ad un sistema dove il Fisco vuole sapere l’Iban.
Lo sconto di carta
Un’altra novità  è lo sconto sulle eventuali sanzioni fiscali, che interessa le piccole aziende (devono avere meno di 5 milioni di euro di ricavi e compensi dichiarati) ma anche una vasta platea di artigiani, commercianti e così via. Per usufruirne bisogna fare una cosa sola: abiurare la religione del pagamento in contante.
La norma prevede infatti il dimezzamento (50% di riduzione) delle sanzioni per violazioni relativa all’Irpef e all’Iva, se chi viene accertato per errori di registrazione e di dichiarazione potrà  dimostrare di utilizzare per tutte le transazioni attive e passive utili all’esercizio della propria attività  «esclusivamente strumenti di pagamento diversi dal denaro contante».
Gli elenchi
La novità  più generale, quella che prevede la pubblicazione on line delle dichiarazioni di tutti, non è ancora definita nei particolari perché, appunto, spetterà  ai Comuni metterla in pratica. In un recente passato (2008) il ministro Vincenzo Visco aveva messo in Rete gli elenchi dei contribuenti. Un’iniziativa che, poche ore dopo, venne stoppata dal Garante della privacy.
Il piano del governo mira a coinvolgere le amministrazioni comunali nella lotta sul territorio all’evasione fiscale e quindi è presto per dire ora se le modalità  di pubblicazione saranno uguali per tutti o se gli ottomila sindaci d’Italia, che incasseranno i frutti del loro contributo all’identificazione dei furbi, avranno margini per personalizzare la questione. Che, anche questa volta, non mancherà  di sollevare il problema della tutela dei dati personali.


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