La fusione tra At&t e T-Mobile bloccata dall’Antitrust americano
New York – Una delle più ambiziose operazioni di concentrazione, l’acquisizione della T-Mobile da parte di AT&T, che doveva ridisegnare l’intero panorama delle telecom americane, si scontra adesso con la decisiva opposizione dell’autorità antitrust sotto l’amministrazione Obama. L’unione tra i due gruppi, secondo e quarto per le quote del mercato Usa, avrebbe ridotto ulteriormente una concorrenza già ai minimi termini, in un mercato dove la qualità del servizio è decaduta progressivamente. Come prima reazione il titolo AT&T in Borsa ha perso il 4%, anche se l’azienda telefonica ha annunciato che «darà battaglia nelle aule di tribunale».
In calo dell’8% Deutsche Telekom, casa madre della T-Mobile. È il segnale di una svolta: dopo anni di regressione nelle politiche dell’antitrust, che avevano consentito la rinascita di oligopoli in molti settori dell’economia americana, l’interesse del consumatore torna al centro dell’attenzione del governo. Di questa svolta si era avuta un’avvisaglia recente con un’altra bocciatura dell’antitrust inflitta al progetto di unione fra la Borsa Nasdaq e la rivale Nyse-Euronext. E’ il Dipartimento di Giustizia ad avere sporto denuncia ieri, un’azione legale del suo ufficio antitrust è il passaggio obbligato per bloccare l’acquisizione: AT&T era pronta a sborsare 39 miliardi di dollari, un investimento record, per acquistare il concorrente T-Mobile dando vita al più grosso gruppo della telefonìa cellulare. L’opposizione legale del Dipartimento di Giustizia osserva che fino a quando T-Mobile rimane indipendente «esercita una importante pressione competitiva sui rivali più grossi, in particolare per la concorrenza sulle politiche tariffarie, un aspetto cruciale del mercato». L’Antitrust aggiunge il ruolo che T-Mobile ha nell’innovazione tecnologica che serve ad arricchire la scelta per gli utenti. T-Mobile in effetti fu il primo operatore a usare il software Android di Google e le email Blackberry. «L’eliminazione di T-Mobile come rivale indipendente caratterizzato da una politica di bassi prezzi – conclude il ricorso – toglierebbe dal mercato una significativa forza competitiva. I clienti si troverebbero a subire rialzi dei prezzi, un restringimento della scelta, meno innovazione, una qualità dei servizi più scadente». Le parole del capo dell’antitrust al Dipartimento di Giustizia, Sharis Pozen, descrivono il piano inclinato su cui è scesa non solo la telefonìa mobile ma gran parte dell’economia americana, dopo anni di riduzione della concorrenza, di latitanza dell’antitrust, di peggioramento dei servizi: dai cellulari alle compagnie aeree, le fusioni finora avevano quasi automaticamente via libera da Washington. Esultano le associazioni dei consumatori, che avevano invocato l’intervento dell’Amministrazione contro la maxi-acquisizione. A conclusioni analoghe stava giungendo l’inchiesta parallela della Federal Communications Commission, l’authority del settore. Anche la Fcc ha espresso «gravi preoccupazioni per l’impatto di questa fusione sulla competizione». Per scongiurare il verdetto dell’Antitrust nei giorni scorsi AT&T aveva promesso di rimpatriare negli Stati Uniti 5.000 posti di lavoro che T-Mobile ha delocalizzato nei call center all’estero. A sei giorni dal solenne annuncio della manovra per l’occupazione, che Barack Obama farà al Congresso, poteva essere una concessione appetitosa, ma non è bastata.
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