Iva unica certezza per gli incassi 4 miliardi a favore degli enti locali
ROMA – Un tesoretto da almeno dieci miliardi. Da usare per ammorbidire la rasoiata sugli enti locali (e forse sui ministeri) e circoscrivere la supertassa ai redditi sopra i 200 mila euro (o cancellarla). Il resto in un fondo per la riforma fiscale che verrà . Dieci miliardi di tasse ottenuti con un punto di Iva in più (3,7 miliardi) e con la patrimoniale della Lega (da 5 a 7 miliardi). Dieci miliardi ballerini, teorici. Non sul fronte Iva, dove la mietitura è sicura, immediata, strutturale. Ma su quello della nuova tassa anti-evasione, la riedizione del redditometro applicato ai patrimoni superiori a 1-1,5 milioni. «Mai più poveracci con barca e Porsche», titola la Padania. Due proposte, frutto dell’accordo a tre Maroni-Alfano-Calderoli, oggi sul tavolo di Arcore, al vaglio di Bossi, Berlusconi e Tremonti.
L’incremento dell’imposta sui consumi sembra inevitabile. Il gettito assicurato dal passaggio al 21% dell’aliquota ordinaria è stimato dal Tesoro in 3,7 miliardi. Saldi bassi, però. Equivalenti agli introiti della supertassa e insufficienti a lenire altri sacrifici. A meno di azionare anche le altre aliquote Iva, come nella simulazione grafica in pagina. Confindustria plaude, Confcommercio no, temendo consumi ridotti (un punto in meno di Pil). Effetto non del tutto trascurato dal ministro Tremonti, incline a un aumento Iva solo a patto di riservare parte delle entrate per riformare il fisco. Difatti, un punto in più di Iva (sulle tre aliquote) vale un punto in meno di Irpef. Dalle persone alle cose: proprio lo scambio auspicato da Tremonti.
Ipotizzare un’Iva ad hoc sui beni di lusso, come pure circolato, sembra al contrario impossibile. L’Iva è un’imposta comunitaria e la Ue (direttiva 112 del 2006) dice chiaramente che l’aliquota ordinaria è una sola, non inferiore al 15%, e le ridotte una o due, non più basse del 5%. L’Italia ne ha già tre: 4% (alimentari, libri, giornali, prima casa), 10% (bar, ristoranti, hotel), 20% (tutto il resto). Su 93 miliardi attuali di incasso, 90 derivano dall’ordinaria e il 70% dai consumi delle famiglie. Famiglie che pagheranno i rincari dai 92 (Cgia) ai 154 euro all’anno (Codacons). L’Iva è un’imposta regressiva, colpisce i redditi medio-bassi. Ma consente di far cassa subito. E’ anche l’imposta più evasa: 43 miliardi nel 2008 e 37 nel 2009.
La patrimoniale della Lega sui patrimoni da 1-1,5 milioni in su «sembra un pochino fai-da-te, una tassa esotica», commenta Giuliano Cazzola, deputato Pdl, citando l’espressione coniata dalla Marcegaglia per definire la manovra: «Una gara a chi inventa la tassa più esotica». «L’evasione bisogna innanzitutto scoprirla, e poi tassarla, tenendo conto che in media tra somme accertate e riscosse c’è una differenza dell’80%», dice Cazzola. La Lega ci crede, però. Convinta di raccogliere molto (5-7 miliardi) colpendo patrimoni non congrui con il tenore di vita. Se hai auto potenti, elicotteri, barche, ville non puoi guadagnare come un operaio, è il criterio. La non congruità in salsa leghista costa dal 5% a scalare, fino a zero: più sei congruo meno devi.
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