«Lampedusa come un inferno»

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 Gheddafi voleva trasformare Lampedusa in un inferno riempiendola di immigrati per punire l’ex amico Silvio Berlusconi di avere aderito all’intervento contro di lui deciso dall’Onu. A rivelarlo è stato ieri il ministro degli Esteri Franco Frattini, lo stesso che dopo la rivolta di Bengasi ha atteso giorni prima farsi coraggio e prendere le distanze dal dittatore libico. Ieri Frattini ha spiegato che uomini del Consiglio nazionale di transizione avrebbero scoperto documenti che dimostrerebbero come il rais gestisse in prima persona il traffico di immigrati. «Ci sono delle prove, ci sono degli elementi raccolti dal Cnt di cui ho parlato con il primo ministro Jibril», ha spiegato Frattini. «Sarà  lui a renderli pubblici. Non li abbiamo raccolti noi ma sono elementi importanti che confermano quello che non era un segreto: sapevamo tutti che questo stava accadendo». Secondo Frattini le migliaia di immigrati morti negli ultimi mesi nel canale di Sicilia potrebbero rappresentare per Gheddafi «un capo di imputazione che gli dovrà  essere contestato. A mio avviso siamo vicini a un nuovo crimine contro l’umanità ».

Il ruolo avuto dal rais è stato confermato anche dall’ambasciatore libico a Roma Abdulhafed Gaddur. « Gheddafi guidava l’immigrazione clandestina», ha detto Gaddur. «Diceva di voler fare diventare Lampedusa nera di africani, così gli italiani capiranno cosa vuol dire partecipare all’applicazione della no-fly zone».
La notizia in realtà  è, come si dice, una mezza notizia. Da sempre Gheddafi ha usato la disperazione degli immigrati africani come strumento per convincere i vari governi italiani, prima Prodi e poi Berlusconi, a cedere alle sue pretese circa i risarcimento di guerra. Un rubinetto da aprire a chiudere a seconda delle necessità  e che ha ottenuto i suoi frutti con il vergognoso Trattato di amicizia tra Italia e Libia firmato a Bengasi da Berlusconi il 30 agosto 2008 e ratificato dal nostro Parlamento nel febbraio 2009. Che dietro i barconi stracarichi di disperati ci fosse il rais libico dunque, come dice Frattini, era ben noto a tutti e da tempo. Peccato che quando al governo Berlusconi faceva comodo avere il Colonnello come amico, tutto ciò filava rapidamente sotto silenzio perché l’obiettivo del governo, e in particolare del Viminale diretto dal leghista Roberto Maroni, era soprattutto quello di convincere Gheddafi a fermare con ogni mezzo le partenze dalla Libia. Come poi lo facesse. è una faccenda che a Roma ha sempre interessato molto poco (la Libia non ha mai firmato al convenzione di Ginevra e ha sempre trattato gli immigrati come merce).
Adesso che al posto del dittatore libico avanza il governo del Cnt, per Frattini e Maroni le cose cambiano davvero poco. Al punto che entrambi chiedono ai ribelli di Bengasi di affrettarsi a fermare di nuovo i barconi diretti in Italia. Un nuovo accordo (di fatto una fotocopia del vecchio trattato di amicizia) è già  stato firmato nei mesi scorsi a Napoli dal governo italiano con il primo ministro Jibril. E adesso Roma batte cassa pretendendone l’applicazione. Lo hanno ribadito ieri sia Frattini che Maroni. «Quando le condizioni lo consentiranno, il trattato di amicizia riprenderà  vigore – ha detto il primoi -: le nuove autorità  libiche hanno già  chiaramente detto di volerlo onorare e così sarà ». Maroni ha invece annunciato di voler arrivare entro la fine dell’anno al rimpatrio di 30 mila immigrati, 13 mila dei quali sono stati già  rispediti nel loro paese. Ieri intanto l’Organizzazione internazionale per le migrazioni ha reso noto di aver inviato verso Tripoli una seconda nave per imbarcare altri immigrati – tra quali anche cittadini europei – rimasti bloccati dalla guerra.


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