Bersaniani ma frondisti Il segretario tradito dai «suoi» quarantenni

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Un partito tutto teso a dimostrare che quando, e se, il governo toccherà  al centrosinistra, non si ripeteranno le esitazioni e i contorcimenti dell’Unione ai tempi del secondo Prodi.
Il problema è che dopo l’annuncio dello sciopero della Cgil Bersani ha resistito un paio di giorni. E all’indomani di un duro scontro con Susanna Camusso, è arrivata la decisione di coprire comunque l’iniziativa della maggiore organizzazione sindacale: guerra continua, nessun dialogo con l’avversario politico.
Così, per la prima volta da quando il Pd registra un trend positivo, è nata una vera fronda interna nei confronti del segretario. Il quale, già  dopo l’incontro con le parti sociali al quale sia Emma Marcegaglia che Raffaele Bonanni non hanno partecipato, masticava amaro: quelle diserzioni non erano un buon segno, come non lo era l’annunciata discesa in campo di Montezemolo. Finora a Bersani la via delle elezioni sembrava tutt’altro che impervia: ora l’arrivo di un nuovo protagonista che potrebbe portare via consensi sia al Pd che al Pdl lo intimorisce.
Ma tornando agli affari interni del Pd: i quarantenni hanno criticato il segretario. E sono tutti rigorosamente bersaniani. O, meglio, alcuni, come Francesco Boccia, fanno riferimento a Enrico Letta. Ovvero al vice segretario del partito, che dice senza problemi. «Ho dubbi sulla tempistica dello sciopero. La Cgil poteva aspettare l’esito della battaglia parlamentare che stiamo conducendo al Senato». Le stesse identiche parole che pronuncia Enrico Morando, veltroniano di ferro. Dentro il Pd monta un malumore che trova sponde presso i futuribili alleati, come Casini, che ormai è anni luce lontano da Bersani, ma anche al Quirinale, dove Napolitano è molto preoccupato perché le feroci contrapposizioni tra centrodestra e centrosinistra potrebbero nuocere ulteriormente al Paese. Veltroni non si sbilancia ancora, in prima persona, almeno, perché molti dei suoi hanno già  firmato il documento anti Cgil dei quarantenni. Ma a chi lo ha sentito in questi giorni non ha nascosto le sue perplessità  su una linea che va a rimorchio della Cgil. Ben più esplicito Sergio Chiamparino che bolla lo sciopero della Cgil come un «errore». Ma come sempre è Beppe Fioroni a dare voce alle inquietudini di un partito che pensava di essersi liberato dalle vecchie consuetudini e da un certo collateralismo: «Io non critico le decisioni della Cgil, che è libera di fare quello che vuole, ci mancherebbe altro. Quello che mi preoccupa è il Pd: siamo passati dal sindacato cinghia di trasmissione del partito al partito cinghia di trasmissione del sindacato».
E i problemi per il Pd non sono finiti: il comitato promotore dei referendum elettorali, sottoscritti da tanti big come Parisi e Veltroni, ha chiesto che le feste del partito ospitino i banchetti per la raccolta delle firme. Richiesta accolta, onde non rinfocolare ulteriori polemiche: i banchetti avranno il loro spazio pure alla festa nazionale di Pesaro. Anche se Bersani non firmerà  i referendum. Anche se gli stessi promotori dubitano di riuscire a raggiungere il risultato.


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