Bernanke agita le Borse, Francoforte va giù

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NEW YORK – Non è bastato il colpo a sorpresa del “saggio di Omaha”, Warren Buffett, che ha puntato 5 miliardi di dollari sulla Bank of America proprio quando altri investitori fuggivano dai titoli bancari. Nonostante questo “voto di fiducia” del più autorevole finanziere americano verso la più grossa banca nazionale, l’effetto-Buffett ieri è durato poco. I mercati hanno esaurito l’euforìa dei primi giorni della settimana. L’attesa salvifica di nuovi interventi della Federal Reserve – forse infondata fin dall’inizio – si è smorzata alla vigilia dell’atteso discorso di Ben Bernanke. Oggi il banchiere centrale americano chiude il tradizionale meeting estivo di Jackson Hole. All’inizio della settimana proprio le illazioni sui suoi possibili annunci avevano diffuso ottimismo. Altri segnali negativi ieri sono venuti dall’economia reale, con un nuovo rialzo della disoccupazione Usa. E si è riaperto di colpo un fronte di paura nell’eurozona. La giornata è stata agitata da alcune dimissioni nel governo greco, e soprattutto da voci poi smentite di un inaudito downgrading della Germania. Non ha rasserenato il clima l’annuncio di Angela Merkel che ha cancellato un viaggio in Russia. La cancelliera deve rimanere in patria per preparare il dibattito parlamentare sullo European Stability Mechanism. La Borsa di Francoforte dopo una caduta del 4% ha chiuso a meno 1,7%, Milano ha perso lo 0,25%.
A Wall Street, dove l’indice Dow Jones ha perso l’1,5%, l’inversione di tendenza è stata netta rispetto all’inizio della settimana. Nonostante Buffett, il cui intervento salva-banche è stato paragonato a quello dei fondi sovrani cinesi e arabi durante la crisi del 2008 (ma i cinesi investirono al momento sbagliato, Buffett è convinto di avere azzeccato i tempi), i mercati hanno iniziato a prepararsi alle possibili delusioni di oggi. L’ottimismo dei giorni precedenti era appeso a una scommessa: che la Fed annunci nuovi interventi di emergenza a sostegno dell’economia americana. Si tratterebbe di riprendere quella terapia definita “quantitative easing” (“rilassamento quantitativo”) a base di massicci acquisti di titoli di Stato. Per comprare i titoli la Fed di fatto stampa moneta e quindi inonda di liquidità  l’economia. Inoltre i suoi acquisti fanno salire il prezzo dei buoni del Tesoro, e inversamente scendono i tassi d’interesse. Già  in due occasioni la Fed ha fatto ricorso a questa manovra eccezionale, per scongiurare la recessione. Poiché i segnali di una possibile ricaduta in recessione sono evidenti, i mercati avevano cominciato a sperare in una “terza puntata”. Ma non è affatto detto che Bernanke oggi annunci il “tris”. Le iniezioni di liquidità  in passato hanno forse evitato disastri peggiori, ma non hanno rimesso l’economia americana su un sentiero di crescita vigorosa e durevole. La spiegazione sta in un limite della “pompa Bernanke”: quella liquidità  finisce a chi ne ha già , non a chi ne avrebbe bisogno. Le imprese sane rigurgitano di liquidità  ma non la usano per assumere. Le famiglie che hanno accesso al credito stanno aggiustando i propri bilanci per ridurre i debiti, anziché consumare di più.


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