Radiografia in cifre della manovra

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ROMA — Una manovra il 6 luglio e poi subito un’altra il 13 agosto, imposta dal precipitare della crisi e dalle pressioni della Banca centrale europea. Due decreti, il primo già  approvato dalle Camere, il secondo in discussione al Senato, che sommati producono una correzione dei conti pubblici senza precedenti. Così distribuita: 2,1 miliardi nel 2011, circa 24 miliardi nel 2012, 50 nel 2013 e 55,4 miliardi nel 2014. Più del 60% della manovra dovrebbe essere assicurato da maggiori entrate, considerando anche quelle che scatteranno in caso di mancato taglio delle spese assistenziali. E si potrebbe arrivare al 75%, secondo l’economista Tito Boeri, calcolando il probabile aumento delle addizionali Irpef conseguente al pesante taglio dei trasferimenti agli enti locali. Le Regioni potranno infatti aumentare l’Irpef dello 0,5% nel 2012 e nel 2013, dell’1,1% nel 2014 e del 2,1% nel 2015. Sbloccate anche le addizionali per i Comuni, che hanno un’aliquota inferiore allo 0,4%.
Meno del 40% dell’aggiustamento dei conti (finalizzato al pareggio di bilancio nel 2013) deriverà  invece da riduzioni di spesa. I sacrifici maggiori saranno a carico di Regioni ed enti locali appunto (6 miliardi di euro di tagli nel 2012 e 3,2 nel 2013) e dei ministeri (7 miliardi nel 2012, 6 nel 2013 e 5 nel 2014). Questo l’impianto della manovra, secondo la relazione tecnica consegnata dal governo al Senato. Ma un conto sono le stime, un altro le possibilità  di tradurle in realtà . Non sono poche infatti le voci della manovra dagli esiti incerti. E anche questo potrebbe spingere governo e maggioranza a decidere alcune correzioni o un rafforzamento del decreto durante l’esame a Palazzo Madama. Vediamo i capitoli più controversi.
Tagli ai ministeri e Robin Hood Tax
Nella manovra bis, quella del 13 agosto, ci sono 8 miliardi e mezzo di euro di risparmi che figurano alla voce «Riduzione delle spese dei ministeri»: 6 miliardi nel 2012 e 2,5 miliardi nel 2013. Che si sommano ai tagli previsti dal primo decreto, quello del 6 luglio: un miliardo nel 2012, 3,5 miliardi nel 2013 e 5 miliardi nel 2014. Bene, il servizio Studi del Senato, afferma che il decreto bis, «a differenza» del primo non indica «la ripartizione tra i diversi ministeri dell’ulteriore riduzione di spesa», rinviandola a un decreto del presidente del Consiglio da emanare entro il 25 settembre. Come si possano quindi tagliare questi 8,5 miliardi previsti dalla manovra bis è tutto da verificare. Lo stesso decreto bis prevede che nel 2012 il taglio delle spese dei ministeri possa subire uno sconto utilizzando la metà  delle maggiori entrate (1,8 miliardi) stimate con l’estensione della Robin Hood Tax (addizionale Ires) alle società  energetiche Terna e Snam Retegas. Ma gli stessi tecnici del Senato dicono che queste entrate sono sovrastimate perché non tengono conto del calo dei titoli che si è registrato dopo l’introduzione della norma.
Riforma dell’assistenza e Iva
La manovra bis anticipa quanto previsto dal decreto di luglio sulla riforma dell’assistenza, compresa la clausola di salvaguardia. Se entro il 30 settembre 2012 (e non più 2013) non sarà  stata ridotta la spesa sociale e assistenziale per un importo di 4 miliardi nel 2012, 16 miliardi nel 2013 e 20 miliardi annui dal 2014, scatterà  automaticamente la clausola che prevede un taglio del 5% nel 2012 e del 20% dal 2013 di deduzioni, detrazioni e altre agevolazioni fiscali (ne sono state censite più di 460). Allo stesso governo non sfugge quanto sia difficile sia tagliare la spesa assistenziale (già  sotto la media europea) sia le agevolazioni fiscali. Ecco perché c’è una sottoclausola di salvaguardia che prevede la possibilità  di ricorrere anche, in tutto o in parte, all’aumento dell’Iva, delle accise e delle imposte di registro. Già  il testo attuale della manovra, quindi, apre la porta all’incremento dell’Iva di cui si parla in questi giorni: si tratterebbe solo di anticiparlo. Le somme in gioco sono consistenti: aumentare di un punto l’aliquota del 20% darebbe infatti 5 miliardi di entrate in più all’anno.
Pensioni e contributo di solidarietà 
La manovra bis è relativamente leggera sulla previdenza. Anticipa al 2016 (dal precedente 2020) l’inizio del percorso di aumento dell’età  pensionabile delle donne a 65 anni. Ma i risparmi immediati sono affidati all’applicazione del meccanismo delle «finestre» ai dipendenti della scuola e allo slittamento del pagamento della buonuscita per gli statali (2 miliardi di euro nel 2013, 1,5 nel 2014). In questi giorni i tecnici del governo hanno studiato ipotesi per rafforzare i risparmi. Anticipare al 2012 il percorso per le donne renderebbe 24 miliardi nel periodo 2013-2024. Intervenire sulle pensioni d’anzianità  anticipando quota 97 (62 anni d’età  più 35 di contributi) al 2012 e facendola poi salire fino a 100 frutterebbe 3 miliardi fino al 2016.
Sia le risorse aggiuntive dall’Iva sia quelle dalle pensioni, in quanto certe, consentirebbero di alleggerire i tagli di spesa agli enti locali, che appaiono eccessivi, o di sostituire entrate incerte, come quelle del «contributo di solidarietà » sui redditi superiori a 90 mila euro che, secondo il servizio Bilancio del Senato, sarebbero sovrastimate, non tenendo conto delle tecniche elusive che verrebbero messe in atto (aumento dei fringe benefit, mancata distribuzione degli utili) fino all’evasione pura e semplice. Difficile, quindi, concludono i tecnici, che entrino tutte le somme previste dal governo: 674 milioni nel 2012, 1,5 miliardi nel 2013 e altrettanti nel 2014.


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