Giornalisti in trappola all’hotel Rixos “I lealisti ci tengono in ostaggio”

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zARZIS (Tunisia) – Dal tetto del compound di Bab al-Azizya sventola fiera la bandiera dei ribelli, ma l’hotel Rixos che ospita una trentina di giornalisti occidentali accreditati dal regime rischia di diventare una trappola. La battaglia ormai è arrivata persino nella hall, fra gli specchi, i candelieri e le poltrone di vimini dell’angolo di potere più ambito di Tripoli. E il drappello di sopravvissuti è vicino al panico, solamente il corrispondente della Cnn Matthew Chance raccoglie le ultime gocce di freddezza per raccontare di spari all’interno e di giornalisti in fuga nei corridoi, stretti nei giubbotti antiproiettile e costretti a rifugiarsi sul tetto e a sventolare lenzuola per farsi riconoscere come operatori dell’informazione. Dai messaggi su Twitter trapela la paura che i fedelissimi di Muammar Gheddafi possano decidere di prendere i giornalisti come ostaggi. «Vorremmo uscire, ma non possiamo», scrive Chance.
All’inizio della crisi il Rixos era una postazione ideale: un albergo di lusso a due passi dal compound del Colonnello. Nei mesi scorsi il visto che dava la possibilità  di arrivare a Tripoli e quindi, necessariamente, di affacciarsi nel patio più desiderato era diventato quasi una barzelletta fra i corrispondenti di guerra stipati al confine di Ras Ajdir. Per chi riusciva a raggiungerlo, quell’hotel sfarzoso era quasi una piccola garanzia di celebrità , quasi come il tetto del Palestine monopolizzato da Peter Arnett durante la guerra del Golfo. Nelle sale dell’hotel i giornalisti potevano mangiare – molto bene, si racconta – fianco a fianco con i maggiorenti del regime, con le loro famiglie, fra funzionari che sussurravano e bambini che correvano in triciclo negli ampi corridoi. Un’ala dell’albergo era stata trasformata in una sorta di «media center», con le stanze tutte occupate dai responsabili della comunicazione e dai giovani militanti della Rivoluzione. Era qui che i giornalisti occidentali subivano gli esami, quando i loro pezzi pubblicati in patria venivano tradotti e discussi dai ragazzi entusiasti del Libretto Verde. Era qui che i fortunati ospiti chiedevano – e a volte ottenevano – di poter visitare la città , guardati a vista da una «guida» attenta ma spesso troppo giovane per essere un controllore davvero invalicabile.
La leggenda vuole che persino Gheddafi a un certo punto abbia scelto il Rixos come residenza provvisoria. E in effetti i testimoni raccontano di un intero corridoio che d’improvviso era stato chiuso agli ospiti «normali», anzi addirittura nascosto da pareti a specchio.
Poi la Jamahiriya del Colonnello ha cominciato a sciogliersi, le bombe della Nato hanno quasi raso al suolo il compound di Bab al-Aziziya. Ma nessuna ha mai colpito l’albergo dei giornalisti.
Qualcuno anzi suggeriva che il Rixos fosse il rifugio più sicuro di tutta la capitale, perché le bombe della Nato, presunte intelligenti, mai avrebbero colpito la postazione delle tv americane.
Ma l’armata rivoluzionaria del Consiglio nazionale di transizione, spalleggiata dall’Alleanza atlantica, appare tutto tranne che organizzata. I ribelli hanno tanto entusiasmo, hanno sicuramente una gran quantità  di finanziamenti, ma non sembrano avere un coordinamento adeguato a gestire una battaglia casa per casa senza «danni collaterali». Tanto più che gli scontri finali, per definizione, sono più confusi di qualsiasi altra fase di una guerra. Così ora gli stucchi del Rixos, invece che teatro per gli stand-up come il tetto del Palestine, rischiano di diventare sfondo di una tragedia.


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