Primarie, Cristina batte Clarà­n

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BUENOS AIRES. Domenica 14 agosto, nove di sera. Notte elettorale. Arrivano i risultati elettorali delle primarie obbligatorie per scegliere i candidati delle elezioni presidenziali fissate per il 23 ottobre. I volti e i toni di voce nel canale tv di maggior ascolto, quello del Clarà­n, erano lugubri. Il principale portale web dello stesso gruppo multi-mediatico presentava un fatto inedito: mancava del titolo principale, si limitava a pubblicare con discrezione le percentuali insieme alla faccia dei candidati.
C’era una ragione per la depressione mediatica del gruppo di comunicazione leader in Argentina e quarto in America latina. Cristina Fernà¡ndez de Kirchner, la peronista di centro-sinistra che governa dal 2007 e si ripresenta alle prossime elezioni stava raccogliendo più del 50% dei voti, lasciando il secondo classificato quasi 40 punti indietro, in una elezioni classificata come primarie che però era una chiara indicazione di quello che accadrà  di qui a due mesi quando se la dovrà  vedere con questi candidati che si sono presentati per i dieci partiti o fronti elettorali. Azzerati più di tre anni di un’offensiva mediatica senza precedenti in Argentina, con una tale valanga di voti e una partecipazione elettorale del 77.8% dei 29 milioni di elettori, il risultato di ottobre sembra già  scritto.
Perché parlare del gruppo Clarà­n quando il peronismo kirchnerista, che ha fatto irruzione sulla scena politica argentina nel 2003, toccava il miglior risultato della sua storia, sfondando in tutte le classi sociali e con un vantaggio clamoroso proprio in quelle piccole e medie città  agrarie presentate nel 2008 come la punta di lancia di una presunta «ribellione popolare»? Secondo quanto sostenuto dal governo, dalla stampa filo-governativa e di sinistra (minoritaria però significativa anche grazie alla generosa pubblicità  statale), il grande sconfitto di domenica 14 agosto è stato proprio il Clarà­n e, in particolare, il presidente del suo consiglio di amministrazione, Héctor Magnetto.
I risultati finali sono stati i seguenti: Cristina Kirchner 59.7%, Ricardo Alfonsà­n (centro-destra, figlio dell’ex presidente fra l’83 e l’89 Raàºl) 12.17%, Eduardo Duhalde (ex-presidente ad interim della repubblica, peronista della destra dura) 12.16%, Hermes Binner (socialista di centro-sinistra moderato) 10.26%, Adolfo Rodrà­iguez Saà¡ (peronista populista di centro-destra) 8.2%. Grosso modo saranno i risultati del prossimo ottobre.
Diversi dei candidati sconfitti, perfino qualcuno di quelli che hanno avuto percentuali ancor minori, come la conservatrice messianica Elisa Carrià³ (3.2%) e almeno altri tre che non sono neanche arrivati a presentarsi, sono stati di volta in volta corteggiati dal Clarà­n nel suo intento disperato di costruire un «presidenziabile» credibile fin dal 2008, quando il governo di Cristina presentò la Leggi sui media per rompere il monopolio della comunizazione. Allora i politici di opposizione divennero da un giorno all’altro commentaristi del folle bombardamento di notizie anti-kirchneriste, senza neanche più curasrsi di un minimo rispetto delle forme e senza che ci fosse il minimo spazio per qualche aspetto positivo dell’azione di governo. Clarà­n significa un dispositivo di almeno 5 quotidiani, un canale tv in chiaro a Buenos Aires e altri 8 sparsi nel paese, uno di notizie e altri 4 via cavo, più di 200 servizi tv a pagamento, fornitura di internet, film, diverse pagine web, 5 radio e il monopolio della fornitura di carta per giornali, fra gli altri affari montati dai tempi della dittatura militari al giorno d’oggi.
Secondo lo scenario presentato negli ultimi anni da Clarà­n e il resto della stampa d’opposizione, maggioritaria nel paese, il governo kirchnerista nel 2009 fu sul punto di disintegrarsi, fu paragonato ai peggiori regimi totalitari, con Cristina (e prima suo marito, il presidente Néstor, morto improvvisamente nel dicembre 2010) che si muoveva spinta solo dall’impulso di vendetta senza curarsi di pregiudicare gli interessi popolari, senza approffittare della bonanza economica sia dell’Argentina sia della regione latino-americana, interessata solo a restare al potere comprandosi gli alleati e agendo solo per convenienza quando abbracciava cause progressiste e di sinistra. Qualcosa va storto con questa descrizione catastrofica, perché appena una settimana fa un simile cumulo di perversioni ha ricevuto più della metà  dei voti.
E’ ovvio che i governo dei Kirchner dal 2003 a oggi abbiano serie pecche, come la corruzione nel campo delle opere pubbliche, certe alleanze con settori del peronismo più arcaico e screditato, alcuni interessi apparentemente intoccabili, una gestione inefficiente dei trasporti pubblici, la falsificazione dei dati statistici ufficiali sull’inflazione, l’impossibilità  di di ridurre la povertà  oltre il 20% attuale.
Ma, quello che gli analisti dell’opposizione non hanno voluto tenere in conto sono stati fattori di forte impatto, come la crescita economica del paese degli ultimi 8 anni contro le previsioni degli «esperti» interni e internazionali; l’aver portato avanti, scontrandosi con i poteri forti. cause emblematiche per le basi sociali più militanti quali i diritti delle minoranze sessuali, la Legge sui media, i processi contro i genocidi, lo sviluppo scientifico e finanziamenti nel settore dell’istruzione a livelli record degli ultimi 40 anni.


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