Kabul, attacco al British Council: i Taleban in veste nazionalista
Ieri invece è arrivato l’attacco previsto: alle prime ore del mattino un commando taleban ha assaltato la sede del British Council a Kart-e-Parwan, quartiere residenziale di Kabul – la zona dove abitano alcuni pezzi grossi dell’establishment afghano, tra cui il vicepresidente Mohammad Qasim Fahim.
Il commando, composto da diverse persone, ha fatto esplodere un camion-bomba per aprirsi un varco nel recinto dell’edificio; dentro ha ingaggiato con le guardie un combattimento proseguito per diverse ore, con i funzionari del British Council nascosti nel bunker di sicurezza fino a quando le forze di polizia locali e alcuni reparti dell’esercito neozelandese sono riusciti ad avere la meglio. Il bilancio delle vittime è di almeno tredici morti, tra cui quattro assalitori, alcuni poliziotti afghani, un soldato neozelandese; un gurkha nepalese, addetto alla sicurezza, è tra i feriti.
Il primo ministro David Cameron ha subito dichiarato che la tragica perdite di vite non condizionerà «le attività vitali» condotte dal British Council e dall’intera comunità britannica in Afghanistan, e ha ringraziato i reparti neozelandesi per la prontezza d’intervento, oltre che la polizia afghana per il coraggio dimostrato. Per Cameron, l’assalto di ieri dimostra la capacità delle forze locali di gestire la sicurezza di Kabul, per quanto problematica. Per gli altri osservatori, conferma invece il protagonismo militare dei taleban, che nelle ultime settimane hanno intensificato le operazioni contro le truppe Isaf/Nato e contro diversi edifici governativi.
Si tratta, oltre che della solita offensiva estiva, del tentativo di condizionare la «transizione», il graduale trasferimento della sicurezza del paese alle forze afghane. Tra qualche settimana saranno annunciate le aree del paese che rientrano nella seconda fase della transizione, e i Taleban non rinunciano alle esibizioni di forza. Quella di ieri ha però anche un forte significato politico, perché avviene nel giorno dell’anniversario dell’independenza formale dalla Gran Bretagna ottenuta dall’Afghanistan nel 1919, in seguito alla terza guerra anglo-afghana. E va letta nell’ambito della strategia della guerriglia taleban di presentarsi come un vero e proprio movimento di liberazione nazionale, che includa tutte le etnie del paese, oltre l’originaria matrice pashtun, per salvaguardare l’indipendenza del paese e la sovranità territoriale. Di recente Tobias Ellwood, deputato conservatore inglese, ha proposto di dotare l’Afghanistan, nel 2014 (quando le truppe straniere si ritireranno), di una struttura politica decentralizzata, composta da otto stati diversi. Con l’attacco al British Council, i Taleban rispondono indirettamente alla mionaccia di frammentare la «coraggiosa nazione afghana», come è definita nel messaggio di felicitazioni per l’Indipendenza, pubblicato sul sito ufficiale dell’Emirato islamico d’Afghanistan (cioè i Taleban). E ammoniscono gli americani a non ripetere gli errori del passato: se gli inglesi si erano affidati «ai fantocci al loro soldo, senza tener conto delle intenzioni e dei desideri degli afghani comuni», gli americani non si illudano oggi «che la negoziazione con alcuni fantocci e l’accordo sulla loro presenza permanente possa indebolire i diritti morali della resistenza» contro di loro, recita il comunicato dei taleban: «Devono capire invece che una manciata di fantocci al loro soldo non può assumere decisioni su questioni di tale importanza per il futuro del paese». Il rimando, esplicito, è alle negoziazioni in corso tra Stati Uniti e Afghanistan su un accordo di partenariato strategico che potrebbe includere basi militari permanenti a stelle e strisce sul suolo afghano. L’assalto al British Council è più di una semplice operazione militare: il modo taleban per festeggiare l’Indipendenza, e un ammonimento a chi pensa di decidere le sorti del paese senza tener conto di quello che, nonostante i metodi terroristici, è diventato il principale movimento politico afghano.
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