Robin tax senza controlli luce e gas a rischio rincari

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MILANO – La Robin Tax, così facile da scaricare sui consumatori, sulle loro bollette. Le aziende che dovessero provarci difficilmente saranno individuate. E, soprattutto, sarà  impossibile punire chi farà  il furbo: il governo si è scordato di indicare chi, nel caso, dovrà  multare le società  che aggireranno la legge.
Il ritorno della cosiddetta Robin Hood Tax a carico delle società  del settore energia è già  al centro delle polemiche. Il governo spera di incassare 3,4 miliardi nei prossimi tre anni (di cui 1,8 già  nel 2012), grazie all’aumento dell’Ires a carico delle società  elettriche, petrolifere, del gas e delle rinnovabili. Ma, per il momento, ha solo incassato una perdita secca di oltre 1,5 miliardi in Borsa a carico delle sue controllate (da Enel a Terna, da Snam a Eni). E una valanga di critiche.
Inevitabili quelle delle associazione dei consumatori. Temono che, per evitare di perdere profitti, le aziende scarichino il maggior carico fiscale sulle bollette dei clienti. E considerano poco o nulla efficace l’aver previsto – come si legge nel decreto legge che ha varato la manovra straordinaria da 45 miliardi – l’espresso divieto di far ricadere i maggiori costi sui clienti.
Non hanno tutti i torti, in effetti. Chi deve controllare che le aziende non si rifacciano sulle bollette è l’Autorità  per l’Energia elettrica e il Gas. Che ha diligentemente svolto il suo compito nel biennio 2008-2009, facendo accertamenti su oltre 500 aziende. In almeno il 40% dei casi, l’Autorità  ha anche svolto un secondo approfondimento perché dai bilanci risultava un aumento dei ricavi, spia di un possibile aumento delle tariffe.
Ma come si legge nella relazione consegnata dall’Autorità  al Parlamento a fine 2010, «mancano le risorse umane da dedicare al controllo» e soprattutto il governo non ha stabilito se «l’Autorità  possa irrogare anche sanzioni amministrative per la violazione del divieto di traslazione». E senza questo potere «la norma che impone il divieto, in mancanza di qualsiasi deterrente, potrebbe essere disattesa dagli operatori». In pratica, è come se il Codice della Strada non avesse dato ai Vigili la possibilità  di fare la multa a chi passa con il rosso, ma soltanto di fermare l’automobilista e farglielo notare.
E non è l’unico pasticcio del decreto legge in materia di energia. Ci ha pensato il Codacons a segnalare come il possibile accorpamento di alcune feste laiche (25 aprile, Primo maggio e 2 giugno) alla domenica immediatamente successiva crei un caos sull’applicazione delle tariffe. «Questa soluzione – attacca il Codacons – è inaccettabile perché non tiene in alcun conto il fatto che, con le nuove tariffe biorarie dell’elettricità , nei giorni festivi si paga di meno. Per rendere effettivo questo diritto contrattuale, occorre però che i contatori elettronici siano programmati in tal senso». E’ per questa ragione che, in occasione del 17 marzo 2011, quando si sono festeggiati i 150 anni dell’Unità  d’Italia «i consumatori restarono fregati e finirono per pagare la tariffa piena nonostante il giorno fosse diventato festivo. Per le aziende era tecnicamente impossibile, oltre che costoso, riprogrammare milioni di contatori in pochi mesi».


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