“Hariri ucciso da 4 membri di Hezbollah”

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GERUSALEMME – Per intere settimane l’hanno pedinato in ogni momento della sua giornata, utilizzando gruppi di telefoni cellulari, utilizzati sempre dalle stesse persone, ma ovviamente intestati a utenti fantasma. Sono questi network, assieme alla ricostruzione dell’intreccio di telefonate intercorse da un’utenza all’altra, la prova regina nell’indagine condotta dal Tribunale Speciale per il Libano che ieri ha permesso al giudice istruttore, Daniel Frenzen, di confermare l’atto d’imputazione emesso dal procuratore canadese Daniel Bellemare contro quattro esponenti della milizia sciita filo iraniana, Hezbollah, accusati, in complicità  con altri, rimasti ignoti, di aver fatto esplodere l’auto bomba che il 14 febbraio del 2005 ha ucciso l’ex premier libanese Rafik Hariri ed altre 21 persone, con oltre 230 feriti.
Benché colpiti dal mandato di cattura emesso dal Tribunale, nessuno dei quattro imputati, Samil Jamil Ayyash, 47 anni, Mustafà  Amin Bedreddine, 50, Hussein Hassan Onesissi, 37 e Assad Hassan Sabra, 34, è stato arrestato. Le autorità  libanesi hanno finito con il dimostrare di non essere in grado, vuoi per inefficienza, vuoi per le forti pressioni ambientali cui sono sottoposte, di eseguire l’ordine del Tribunale internazionale. E dunque ha ricevuto facile conferma la profezia interessata del leader dell’Hezbollah, Hassan Nasrallah, secondo cui nessun degli indiziati sarebbe mai stato arrestato «né ora, né fra un mese, né fra 300 anni». Dopo aver messo in crisi il governo guidato dal figlio di Rafik Hariri, Saad, Hezbollah ha oggi una posizione dominante nel nuovo esecutivo presieduto dal sunnita Miqati.
Gli inquirenti del Tribunale Speciale per il Libano, presieduto da Antonio Cassese, sono dunque riusciti a ricostruire i network telefonici, alcuni segreti, altri “aperti”, utilizzati dagli attentatori nella fase della preparazione e dell’esecuzione dell’attentato. Poi, hanno tratto le conclusioni, fissando i ruoli dei quattro imputati. Bedreddine, il più influente del gruppo, cugino e cognato del capo delle Operazioni dell’Hezbollah, Imad Mugnyieh, ucciso nel 2009 a Damasco, era, secondo i giudici, il controllore dell’intera operazione e, forse, l’ufficiale di collegamento con il vertice politico-militare dell’Hezbollah. Samil Ayyash era il coordinatore dei vari gruppi di militanti coinvolti nella preparazione e nell’esecuzione dell’attentato. Onessi e Sabra, avrebbero avuto il compito di rivendicare il massacro, depistando sin dall’inizio le ricerche dei colpevoli su falsi obbiettivi.


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