Tassa anti-speculazione No di Londra, Europa divisa

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BERLINO — Arriva a Bruxelles la lettera con le proposte anti-crisi di Angela Merkel e Nicolas Sarkozy. Ma la «linea di difesa» dell’euro, elaborata lunedì al vertice all’Eliseo, e giunta ieri al tavolo del presidente Ue Herman Van Rompuy, riceve al mattino una fredda accoglienza dai mercati (che in serata risaliranno). E una serie di prese di distanza al pomeriggio dagli altri partner europei. Non piace, soprattutto, l’idea della tassa sulle transazioni finanziarie, la cosiddetta Tobin Tax.
La lettera franco-tedesca, dunque, ripropone i concetti chiave (né nuovi, né innovativi) cari a Parigi e Berlino. Niente eurobond, sì invece alla creazione di un «governo» dell’eurozona, con tanto di «riunioni regolari» e una leadership fissa (auspicata, quella del presidente Ue Herman Van Rompuy). Maggiore unità  politica, dunque. Ma anche, ed è l’altro pilastro, più rigore — o ortodossia dei conti — con il «rafforzamento della sorveglianza e dell’integrazione di bilancio». Anzi, Parigi e Berlino arrivano a suggerire che «i fondi strutturali potranno essere sospesi» per i Paesi che «non rispettano» i limiti del deficit. Ossia, proprio quegli «aiuti» (350 miliardi tra il 2007-2013), destinati alle regioni più arretrate, che dovrebbero servire a colmare il gap tra gli europei poveri e ricchi. Che significa? Che sono a rischio, se i conti restano in rosso, ciò che rimane dei 20 miliardi di «aiuti strutturali» promessi al Portogallo e alla Grecia, ma anche i 31 alla Spagna o i 25 dell’Italia. Non a caso, la commissione ha obiettato: «Togliere questi fondi è come tagliare i mezzi per aiutare questi Paesi a rilanciare la crescita».
Non piace neppure la richiesta, voluta soprattutto dalla Merkel, di iscrivere nella Costituzione dei vari Stati Ue la parità  del bilancio pubblico. Il governo finlandese fa sapere di «non trovare l’idea eccitante». Ma perfino Sarkozy avrà  problemi a far passare la legge in casa, se il leader dell’opposizione socialista e suo principale sfidante per l’Eliseo, Franà§ois Hollande, invoca sul tema un dibattito nazionale.
Eppure, è stata un’altra idea, contenuta in coda al documento — due righe e mezzo in tutto — a sollevare le reazioni più piccate. Quando Merkel e Sarkozy incaricano «i nostri rispettivi ministri di elaborare una comune proposta per la tassazione delle transazioni fiscali». Vecchio pallino di Sarkozy, da mettere nero su bianco a settembre.
Decisa e netta la risposta da Londra. Introdurla solo in Europa non serve, dicono. E se per il governo, «le tasse sulle transazioni finanziare devono essere introdotte a livello mondiale», è l’associazione delle banche britanniche che parte all’attacco («turberà  solo i mercati») e quella degli industriali britannici che non lascia possibilità  d’appello: «Sposterà  solo le transazioni a New York o a Hong Kong». Londra, quindi, difende la sua City, già  provata dalle tassazioni restrittive dell’ultimo Gordon Brown e l’emergere di nuovi centri finanziari come Dubai. Esperimenti non ne vuole. Così come si sono opposti il governo irlandese e il ministro delle Finanze olandese, Jan Kees de Jager: «Siamo contrari». E contrarie sono gran parte delle associazioni bancarie, quelle irlandesi, e le banche d’affari europee (Afme). Ma Parigi e Berlino su questo intendono andare avanti.
Dunque, tanto rumore per nulla dal vertice all’Eliseo? Certo, la Merkel ha placato almeno temporaneamente le voci di scontento interno provando a imporre una sorta di leadership del rigore. Ma sul fronte tedesco è soprattutto il dibattito sugli eurobond, che si è finalmente aperto, la vera novità . Alcuni importanti membri della Cdu, il partito della cancelliera, si sono detti favorevoli. E già  parlarne, pur con la Merkel contraria, per la Germania è quasi rivoluzionario.


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