Prelievo sui capitali scudati, governo a favore

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ROMA — Ci sarebbe anche l’aggravio dell’imposta sul rientro dei capitali dall’estero tra le possibili modifiche della manovra aggiuntiva che il governo sta prendendo in considerazione. Il nuovo giro di vite sugli evasori «pentiti» è una delle richieste esplicite dell’opposizione, e incontra consensi anche nella maggioranza. Ma se il Pd propone di far pagare un ulteriore 15% sui capitali rimpatriati, portando la tassa complessiva sullo scudo fiscale al 20%, i tecnici dell’esecutivo ragionerebbero su un prelievo ben minore, pari all’1 o il 2% aggiunto. Una misura che la segreteria del Pd ritiene «risibile», a maggior ragione considerata la nuova aliquota unica del 20% per le attività  finanziarie.
Lo scudo del 2009, grazie al quale 180 mila contribuenti hanno regolarizzato 104 miliardi di euro detenuti all’estero (il 70% dei quali nella sola Svizzera) all’insaputa del Fisco italiano, per un gettito di 5,6 miliardi, potrebbe dunque sciogliersi sotto il maglio del nuovo intervento da 45 miliardi varato dal governo per anticipare al 2013 il pareggio di bilancio. E non è l’unico provvedimento contenuto nella manovra che traballa.
L’opposizione, i sindacati, le imprese e numerosi esponenti del Pdl e della Lega, chiedono modifiche e lo stesso governo sembra disponibile a prendere in considerazione la possibilità  di qualche cambiamento, con la garanzia che l’entità  complessiva dell’intervento non sia modificata.
Il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, dice che bisogna lavorare «per sostituire tasse con altri tagli, perché la manovra fatta di tagli è meno recessiva e ha un carattere più strutturale». Tra le misure che potrebbero subire delle modifiche ci sono il contributo di solidarietà  sull’Irpef del 5% oltre i 90 mila euro e del 10% oltre i 150, e la manovra sulle pensioni. Nel Pdl la discussione sulla nuova riforma previdenziale, nonostante il fuoco di sbarramento di Umberto Bossi, non sembra ancora chiusa in modo definitivo.
Insieme all’inasprimento delle imposte sullo scudo fiscale, che lo stesso Silvio Berlusconi non scarta a priori, si torna a parlare anche di un possibile innalzamento dell’aliquota Iva non agevolata: la riflessione sui costi e i benefici della manovra sull’Iva è ancora aperta, e i sindacati (che ieri sono tornati a chiedere l’imposta patrimoniale e a criticare il contributo di solidarietà ) premono in questa direzione. Intanto ieri Umberto Bossi ha già  fatto sapere: «Se aumentiamo l’Iva i rischi sono che aumentino i prezzi e direbbero tutti che è colpa del governo che ha aumentato le tasse».
Il decreto varato venerdì scorso dall’esecutivo, intanto, arriva formalmente in Senato. Il presidente Renato Schifani ha convocato per le 16.30 l’aula di Palazzo Madama, per consentire al governo di presentare il testo del provvedimento. Si annunciano pochissimi senatori presenti e una seduta brevissima: l’esame vero e proprio del provvedimento inizierà  solo lunedì prossimo, 22 agosto, nelle commissioni Affari costituzionali e Bilancio.
La relazione tecnica messa a punto con la ragioneria dello Stato conferma le indicazioni della vigilia sulla portata delle misure inserite nel decreto. Il prelievo straordinario sull’Irpef per i redditi più alti porterà  un gettito aggiuntivo di circa 3,8 miliardi in tre anni, mentre dal riordino della tassazione sulle rendite finanziare (al 20%, invece della doppia aliquota del 27 e del 12,5%, che resta in vigore solo per gli interessi dei titoli di Stato), frutterà  1,9 miliardi di euro l’anno.
Poco meno, sempre in ragione d’anno, è atteso dalla Robin Hood Tax sulle imprese che operano nel settore energetico, estesa alle società  di distribuzione come Terna e Snam Rete Gas. Nel 2012 sono previsti 1.880 milioni di euro, 900 a regime. Dalla stretta sugli studi di settore dovrebbero arrivare tra i 200 e i 300 milioni di euro l’anno: 220 mila lavoratori autonomi, secondo le previsioni del governo, saranno indotti a dichiarare un maggior reddito. Dalla Relazione tecnica emerge che il rinvio di due anni del pagamento della buonuscita riguarderà  19 mila dipendenti del pubblico impiego, mentre nel settore della scuola sarebbero 17 mila i dipendenti che rimarrebbero incastrati nella tagliola della finestra «mobile» per il pensionamento. Le nuove norme sul trasferimento di sede dei dipendenti pubblici, sempre secondo la Relazione, non si applicherebbero al personale della magistratura.


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