“Ancora troppi i privilegi vanno colpiti i diritti acquisiti per dare un futuro ai giovani”

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BARCELLONA – «Vorrei che si affrontasse questa crisi in modo saggio e coraggioso, difendendo e promuovendo i diritti di tutti, a partire dai diritti dei giovani, delle famiglie e degli anziani, prima di difendere i privilegi acquisiti da alcuni». Il cardinale Dionigi Tettamanzi era in viaggio in auto dall’Italia verso la Spagna – dove si terrà  la XXVI Giornata mondiale della gioventù – quando il governo Berlusconi ha varato la nuova manovra finanziaria. Non vuole commentare nello specifico le misure annunciate da Tremonti, ma sottolinea un concetto generale: «Ci sono tante urgenze sociali, e penso che chi ha responsabilità  pubblica debba occuparsi di difendere i diritti della gente, dei giovani preoccupati per il futuro, per la mancanza di lavoro. Spero che questi temi non vengano messi all’ultimo posto, per lasciare intatti i tanti privilegi esistenti».
Inutile tentare di strappargli giudizi dettagliati sui privilegi della “casta” o dei ceti più abbienti. Il cardinale, ormai prossimo alla pensione – il 25 settembre gli succederà  alla guida della chiesa ambrosiana il patriarca di Venezia Angelo Scola – sorride: «Penso a quei privilegi che qualcuno considera “diritti acquisiti”. E parlo di alcune categorie sociali che non mi sembra abbiano la stessa urgenza impellente dei giovani che non sanno come affrontare il domani. Chi governa dovrebbe avere il coraggio e la determinazione di impostare le manovre economiche assicurando una speranza ai giovani, all’infanzia, alla scuola. Se vogliamo che il futuro sia diverso, è su questo che bisogna indirizzare le energie».
Vista dalla Spagna che attende Papa Ratzinger, la crisi italiana per Tettamanzi è un problema che riguarda le nuove generazioni. E chi governa non ne tiene abbastanza conto. «L’intervento sulla crisi è saggio solo se non ci si limita a riordinare il presente – dice – ma si cerca di reimpostare il domani e tenendo conto del mondo giovanile. La strada più semplice, concreta e stimolante è quella di affermare i diritti fondamentali delle nuove generazioni, degli anziani, dei malati».
Tettamanzi, ieri sera a Barcellona, ha celebrato messa alla Sagrada Famiglia, davanti a 5mila giovani delle 1.100 parrocchie milanesi. Sono gli ultimi giorni del suo mandato: «Questo appuntamento – dice – mi dà  la possibilità  di guardare con occhio più penetrante nel cuore e nei problemi dei giovani di oggi, che guardano al domani come a un grande sogno, ma che insieme hanno una grande paura di non farcela. Non per mancanza di volontà  e impegno, ma perché le condizioni di vita non permettono di realizzare i sogni. Bisogna aiutare i giovani a credere in se stessi, nonostante le difficoltà . Bisogna permettere loro di credere che gli ideali sono possibilità  concrete. A una condizione: di mettercela tutta, tutti insieme. Il problema non sono i giovani, il problema sono gli adulti».
Tra pochi giorni incontrerà  i giovani ambrosiani assieme al suo successore, Angelo Scola. È il momento di fare qualche bilancio, dopo nove anni alla guida della Chiesa milanese. «Ho avuto molto più di quel che ho dato, questo è sicuro. Ci sono stati momenti di difficoltà , fatiche anche. Ma il vescovo deve avere il coraggio e la libertà  di dire quel che pensa sia giusto, quel che dice il Vangelo, senza temere le critiche. Rimane importante, in tema di laicità , il rapporto di rispetto e la distinzione fra la comunità  cristiana e la comunità  civile». Tettamanzi ha già  parlato con Scola: «E gli ho detto che ha una gran fortuna a venire in una città  come Milano, dove c’è una chiesa viva, ricca, piena di risorse e di umanità . Ma dove c’è anche la possibilità  di dialogare con tante persone che magari hanno lasciato la chiesa e la fede, con le quali il vescovo riesce a condividere momenti importanti».
Guarda indietro, alla città  di Milano, che sembra così mutata dopo nove anni. «Ci sono stati cambiamenti. Alcuni positivi, altri deprecabili, anche a livello politico. Ma vedo che alcune grandi questioni irrisolte continuano a emergere. E penso alla questione morale, o agli immigrati, che sono aumentati di numero ma non hanno ridotto le loro difficoltà . Mi viene in mente il discorso iniziale che feci davanti alle autorità  in piazza Scala, quando dissi che “i diritti dei deboli non sono diritti deboli”. Ecco, mi sembra che quella frase mantenga tutta la sua attualità  e il suo richiamo». A Milano, come nel resto del Paese.


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