Tra Merkel e Sarkozy il vertice dell’euro per uscire dalla tempesta
PARIGI. Il vertice franco-tedesco di domani accende tanti, forse troppi miraggi. Prevedendo le possibili delusioni (stando a quel che dice Spiegelonline), i tedeschi non hanno gradito il modi in cui è stato annunciato. La notizia diffusa dai francesi li ha irritati.
Loro avrebbero preferito la discrezione. L’incontro nel palazzo dell’Eliseo tra Angela Merkel e Nicolas Sarkozy non deve apparire un appuntamento d’emergenza. È stato fissato da settimane e non convocato d’urgenza per far fronte all’ultima fiammata della crisi finanziaria, come ha indotto a pensare l’annuncio fatto a Parigi. Un annuncio che potrebbe avere tratto in inganno sulla vera natura del vertice. Invece, in questo caso, l’attivismo di Sarkozy, che ha informato i suoi ministri mercoledì scorso cogliendo di sorpresa Berlino, non risulta poi tanto intempestivo. Anzi, può apparire ben studiato.
La politica non tiene il passo con i tempi ultrarapidi della finanza. La regia dei suoi gesti, un’abile messa in scena, può darle qualche vantaggio. E’ comunque impensabile che nella burrasca finanziaria europea e mondiale un vertice franco-tedesco possa essere considerato routine. E trattato sottovoce. Il fatto che sia stato deciso settimane fa gli dà un valore particolare. Non si tratta di tappare falle, ma di rivedere le istituzioni: un miraggio, appunto, da trasformare in realtà .
Il colloquio Merkel-Sarkozy, dopo la brevissima pausa di Ferragosto, dà l’impressione che la coppia franco-tedesca si tenga stretta per mano al fine di difendere l’euro e l’Europa. E’ un avvenimento che può rassicurare i mercati e tentare di intimidire gli speculatori. Sul piano concreto sembra destinato ad accelerare l’applicazione delle decisioni prese al vertice del 21 luglio. Un invito potrebbe essere rivolto ai Parlamenti affinché si affrettino ad adottare l’insieme del piano di difesa della moneta unica, basato più o meno sulla mutualità dei debiti e dei rischi. Ma domani Sarkozy e Merkel andranno forse oltre. E a questo punto si accende il miraggio. Vale a dire la speranza che i due principali paesi della zona dell’euro riescano a tracciare la strada per dotare un giorno l’Europa di una governance, dopo che nel 2003, sempre un presidente francese e un cancelliere tedesco (Jacques Chirac e Gerhard Schroeder), mandarono all’aria il patto di stabilità , che era un progetto iniziale, un primo passo verso la governance.
Spetterà a Nicolas Sarkozy avanzare proposte, a suggerire una revisione, meglio un rafforzamento del piano del 21 luglio, rivelatosi insufficiente prima di essere stato approvato. Quella è la direzione. L’attacco alle banche francesi è stato per Nicolas Sarkozy un serio avvertimento. Un aggravamento della situazione farebbe di lui il contabile di un disastro che comprometterebbe del tutto la sua rielezione la primavera prossima, quando scadrà il mandato quinquennale. Non gli resta dunque che trascinare Angela Merkel sulle sue posizioni. Sarebbe un innegabile successo se potesse annunciarlo, insieme a qualche decisione spettacolare, a conclusione del vertice, domani sera.
Non pochi responsabili francesi vedono nella crisi una grande occasione per rilanciare il dibattito del federalismo. E’ di questa idea Alain Minc, uno dei consiglieri del presidente, ma anche Jean-Pierre Jouyet, un economista vicino a Franà§ois Hollande, l’ex segretario socialista adesso candidato alle prossime presidenziali. Ma un altro socialista (citato da Le Monde), l’ex ministro degli esteri Hubert Védrine, insorge sostenendo che il federalismo equivarrebbe alla messa sotto tutela dei deboli da parte dei più forti.
La strada del federalismo resta impervia, anche se la crisi ha rilanciato l’idea. E’ dunque improbabile che l’ormai sfiancante (ma a nostro avviso nobile) dibattito coinvolga i protagonisti dell’imminente incontro nel palazzo dell’Eliseo. Inevitabile, anzi ovvio, è invece quello sul coordinamento delle politiche nazionali, anche se l’argomento solleva ardui problemi. Ad esempio, la creazione di euro-obbligazioni renderebbe più difficile l’azione degli speculatori, ma implicherebbe un controllo diretto, di fatto un commissariamento, degli Stati in difficoltà . E’ un po’ quel che è accaduto con l’Italia nei giorni scorsi, senza che esistessero eurobond. Jean Claude-Trichet, presidente della Banca centrale, ha lanciato la proposta di nominare un nuovo ministro europeo delle finanze. L’idea potrebbe essere discussa da Nicolas Sarkozy e da Angela Merkel. Tanto più che essa è stata accolta favorevolmente dai Verdi tedeschi. Cosi come i socialdemocratici si sono detti d’accordo sul lancio di eurobond, contro i quali si pronunciano invece molti esponenti del governo e della Cdu, della quale Angela Merkel è presidente. In questa fase il Cancelliere è bizzarramente molto attento alle posizioni dei suoi avversari al Bundestag. A volte dà l’impressione che, per quanto riguarda l’Europa, possa contare più su di loro che sui suoi compagni di centro destra. L’idea di creare eurobond divide trasversalmente la società politica tedesca. Ed è indicativo. Quelle obbligazioni rivelano infatti il grado di solidarietà europea, poiché condividerebbero tra tutti gli Stati il rischio sovrano.
Soltanto il 33 per cento dei francesi (secondo Harris Interactive) ha fiducia nella capacità di Nicolas Sarkozy di risolvere la crisi finanziaria, mentre il 43 per cento, sempre dei francesi, crede che Angela Merkel sia più affidabile. In questa crisi la Francia e la Germania si osservano; studiano le rispettive posizioni; Berlino spia gli umori di Parigi, e Parigi quelli di Berlino. In entrambe le capitali si è coscienti che da loro dipende il destino dell’Europa. Quindi la politica, e con la politica la storia, entrano in gioco. Se i francesi ripongono la loro fiducia in Angela Merkel, più che nel loro presidente; non pochi tedeschi, sia pur riluttanti “a mantenere il resto dell’Europa”, sanno che dai rapporti tra le due sponde del Reno, dipende la sorte del continente.
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