La sinistra tedesca per gli eurobonds Angela Merkel non vuole saperne

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 BERLINO.Nicolas Sarkozy, nel suo incontro del 16 agosto a Parigi con Angela Merkel, potrà  contare sull’appoggio dell’opposizione tedesca su uno dei punti che gli stanno a cuore: gli eurobonds, strenuamente osteggiati da Merkel. Titoli di credito garantiti in solido dagli stati di Eurolandia, ridurrebbero i costi del finanziamento del debito per i paesi-porcelli (i soliti Piigs, Portogallo, Irlanda, Grecia, Spagna), lo modererebbe per quelli a rischio di declassamento come la Francia, ma comporterebbe un costo aggiuntivo per la Germania.

Il saggio di interesse degli eurobonds dovrebbe orientarsi sulla media di quelli pagati dai singoli stati, e sarà  quindi superiore a quello attuale dei Bund tedeschi. Tuttavia, secondo l’opposizione, ne varrebbe la pena, perché consentirebbe di uscire dalla crisi dei debiti statali europei. La Germania, che piazza in Europa metà  delle sue esportazioni, ha bisogno di vicini in grado di comprare le sue merci, con un euro stabile. Per fortuna in Germania l’idea degli eurobonds non viene identificata con Tremonti: l’accostamento con un ministro dello screditatissimo governo Berlusconi l’avrebbe messa fuori gioco. I media tedeschi la collegano piuttosto al lussemburghese Jean-Claude Juncker, stimato presidente dell’eurogruppo, e ciò facilita la discussione.
Per primi l’hanno fatta propria i socialisti della Linke. Poi si sono associati i Grà¼ne. Cem à–dzemir, figlio di immigrati turchi che dirige il partito verde con Claudia Roth, ammette che a breve termine i saggi d’interesse aumenterebbero per la Germania, ma aggiunge che «a medio termine con gli eurobonds verrebbe a crearsi un mercato più largo, con più liquidità , e ciò porterà  a minori oneri per tutti gli stati», Germania compresa. Tuttavia, per non incoraggiare gli stati a indebitarsi, per à–dzemir sarebbe opportuno porre un tetto alla loro possibilità  di ricorrere agli eurobonds: non oltre il 60% del Pil.
È ormai della partita anche Sigmar Gabriel, presidente della Spd. L’8 agosto ha confermato che i socialdemocratici vogliono gli eurobonds: «Alla fine dovrà  esserci una garanzia comune per una parte dei debiti». Per Gabriel non si può uscire dalla crisi con «caporaleschi» tagli alle spese: occorre un piano di investimenti da finanziare con un’imposta europea sulle transazioni finannziarie, con un gettito di 100 miliardi di euro.
Ancora più decisi in questa direzione i socialisti della Linke. Per Gregor Gysi, capogruppo al Bundestag, «Angela Merkel deve al più presto recedere dalla sua ostilità  agli eurobonds». Gysi, oltre a tassare le transazioni finanziare, vorrebbe un’imposta patrimoniale europea: «Solo con un’equa partecipazione della crescente schiera di ricchi, e non con sempre nuovi tagli imposti per diktat, si potranno ridurre i debiti in Europa».


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