Pd, la contromanovra «Daremo battaglia»

Bersani annuncia che darà  battaglia a colpi di emendamenti, ma abbassa i toni e conferma che il partito «non si sottrae alla sfida che il Paese ha di fronte». Eccola dunque, la «manovra alternativa». Il responsabile economico Stefano Fassina ci ha lavorato sodo e la sua filosofia sta in uno slogan: «Deve pagare chi non paga mai». Non i dipendenti pubblici, i ceti popolari e «gli onesti che pagano le tasse», ma i grandi evasori, elusori ed erosori fiscali. Il punto primo è il prelievo sui capitali esportati illegalmente e pazienza se Bersani non ama le una tantum. Contro l’evasione il Pd chiede «misure efficaci», prima fra tutte una tassa ulteriore del 15% sui capitali rientrati in Italia usando lo scudo fiscale. E ripropone ricette «dolorosamente abolite» da Berlusconi: tracciabilità  dei pagamenti superiori a 1.000 euro e obbligo del pagamento elettronico a partire dai 300 euro. I democratici vogliono imporre «severe sanzioni» a chi non descrive nella dichiarazione dei redditi il proprio patrimonio e tassare la casa: un’imposta ordinaria sui valori immobiliari delle abitazioni di valore, con un criterio «fortemente progressivo» e una soglia di esenzione molto larga.
Le nuove lenzuolate prevedono di liberalizzare ordini professionali, farmaci, carburanti, rc auto, servizi pubblici locali e via elencando. Il segretario è convinto che il punto debole sia la crescita e propone «misure concrete per rilanciare tecnologia e ricerca». Ma è solo al settimo e ultimo punto, i costi della politica, che la distanza siderale tra manovra e contromanovra si accorcia. Bersani concorda con l’«intervenire su Regioni, Province e Comuni» e rilancia il progetto di Walter Veltroni di dimezzare i parlamentari. L’ex segretario propone di legare la riforma al dibattito su pareggio di bilancio in Costituzione e legge elettorale, boccia la manovra «iniqua e sbagliata» e licenzia il premier: «È il canto del cigno di Berlusconi».

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