“Robotica e cervello artificiale l’Italia valorizzi i suoi brevetti”

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ROMA – «Uno di quegli ingredienti che fanno dell’Italia una nazione migliore di quanto non appaia». È il Consiglio nazionale delle ricerche, 6mila scienziati, un miliardo di fatturato annuo, competenze che spaziano dall’archeologia alla zoologia, nelle parole del suo nuovo presidente Francesco Profumo.
La sua ricetta per colmare la distanza?
«Tre punti: internazionalizzazione, trasformazione della ricerca scientifica in risorsa per lo sviluppo e infine tessitura di una rete con le università  e le imprese. Il Cnr è uno degli elementi di maggiore innovazione di questo paese. Ha grandissime potenzialità  e per l’Italia può diventare quel punto di riferimento che è ad esempio il Cnrs in Francia».
Cosa manca al Cnr per avere una dimensione più internazionale?
«L’Italia finanzia la ricerca europea con 15 miliardi, ma il ritorno che ottiene attraverso i progetti vinti è solo di 9 miliardi. Questo deficit di 6 miliardi è un punto da recuperare. Il nostro paese non si può permettere un simile anello debole. Il Cnr può contribuire a colmare il gap intensificando la sua collaborazione con ricercatori di altri paesi».
Qualche esempio?
«Guardo sempre all’Europa, dove la Commissione si è impegnata a finanziare due grandi imprese scientifiche e tecnologiche con un miliardo di euro in dieci anni. Alle prime selezioni sono approdate sei proposte, fra le quali il progetto Human Brain per la simulazione del funzionamento del cervello umano su un computer, quel materiale rivoluzionario che è il grafene, e idee innovative per la robotica. Direttamente o indirettamente il Cnr è già  coinvolto in ciascuno di questi progetti. Penso che continuare a investire in imprese di ampia portata ci porti nella direzione giusta».
Crede che il Cnr disperda troppo le sue grandi energie?
«Oggi la ricerca si fa in grande, non nei piccoli gruppi. La scienza è diventata un settore complesso che ha bisogno di competenze plurime e del coordinamento fra settori diversi. Ecco, vorrei che il Cnr per l’Italia della ricerca diventi un punto di aggregazione».
Il suo secondo punto è l’attenzione allo sviluppo.
«A volte i brevetti non vengono sfruttati come potrebbero, trasformandosi in imprese e dando impulso allo sviluppo di questo paese».
Intende puntare più sulla ricerca applicata rispetto a quella di base?
«Non credo a questa distinzione. Credo in una scienza che dà  ritorni in tempi brevi e in una scienza che dà  ritorni in tempi più lunghi. Tra le due c’è connessione, non contrapposizione. Entrambi gli elementi devono essere conservati in equilibrio, come avviene in tutte le grandi imprese scientifiche. Mi piace dire che nei laboratori le pareti devono essere mobili».
Lei è un ingegnere e prende il posto di un fisico teorico. Al Cnr ci sarà  più spazio per la ricerca che dà  ritorni in tempi brevi?
«Sono rettore del Politecnico di Torino dove entrambi gli aspetti della scienza ricevono la stessa attenzione. Continuerà  a essere così anche al Cnr».
Come ci si sente, da esponenti della sinistra, a essere nominati da un governo di destra?
«La formazione e la ricerca non sono né di destra né di sinistra. In questo momento complicato il paese ha bisogno di competenze come quelle che si trovano all’interno dell’ente e di persone che si dedichino al paese indipendentemente dalla loro tendenza politica. Per far sì che l’Italia torni a essere meglio di quanto non appaia oggi».


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