Le Borse vanno bene l’economia reale no

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 Per tre giorni i mercati vanno in vacanza: un po’ di tregua, dopo settimane di una bufera che non sembra ancora alle spalle, anche se nelle ultime 48 sembra essersi placata. Anche ieri, infatti, le borse, in particolare quelle del vecchio continente hanno fatto faville: a Milano l’indice Mib ha chiuso in riazo del 4,0%, mentre l’indice generale ha registrato una risalita del 4,09%. Bene anche Francoforte (+3,45%), Parigi (+4,02%) e Londra. Stabile, sotto i 270 punti (2,7%) lo spread dei Btp con i Bund tedeschi. A che si deve questo ben di dio? Non certo a una svolta negli andamenti dell’economia reale o un mutato clima di fiducia. Almeno per quanto riguarda la giornata di ieri, la nuova impennata trova motivazioni in un provvedimento a lungo atteso: il blocco delle vendite allo scoperto, le short selling, secondo la terminologia di borsa.

Dopo la Germania, nella quale le vendite allo scoperto, sono vietate di parecchi mesi e la Grecia che le ha vietate alcuni giorni fa, ieri sono state vietate in Italia (per 15 giorni), Spagna, Francia e Belgio. Inoltre sembra che l’Unione europea sia vicina a concludere un accordo (come dichiarato da un portavoce della Commissione europea) per creare un quadro armonizzato sulle vendite allo scoperto. Bruxelles ha ricordato come la Commissione avesse fatto un appello già  un anno fa perché la situazione fosse armonizzata «al fine di ridurre i rischi e di evitare la frammentazione dei mercati», ha dichiarato Chantal Hugues, portavoce del commissario ai Servizi finanziari. Molti ritengono che lo short selling incoraggi la speculazione e tenda a trascinare i titoli al ribasso, ma c’è anche chi pensa che serva a dare stabilità  e che le proibizioni abbiano uno scarso effetto sui mercati, salvo in casi eccezionali. In paricolare negli Stati uniti dove le vendite allo scoperto sono state sospese una sola volta, dopo il fallimento della Lehman Brothers.
Per quanto riguarda l’eventuale soluzione europea, si sta ancora discutendo se l’eventuale proibizione possa riguardare tutte le azioni o solo i titoli finanziari e se saranno vietate tutte le vendite allo scoperto o solo quelle naked, cioè quelle nelle quali lo speculatore non prende in prestito i titoli contro i quali scommette. L’ipotesi più probabile è che vengano autorizzate solo le vendite allo scoperto con prestiti (a pagamento) di azioni. Il che giuridicamente significa avere il possesso delle azioni, anche se non la proprietà .
Che accadrà  dopo Ferragosto sui mercati finanaziari è difficile dirlo. Una delle ipotesi più accreditate è che la correzione al ribasso sia giunta quasi al termine, ma difficilmente assisteremo a una veloce e sostanziosa risalita a causa delle difficoltà  (globali) dell’economia reale. Il dato più terrificante diffuso ieri è stato quello del Pil della Grecia: nel secondo trimestre è precipitato del 6,9% su base annua, accentuando la tendenza negativa dei precedenti trimestri. Ma non va bene neppure la Francia che, nel secodo trimeste, è entrata nel club dei paesi a crescita zero che sta provocando una caduta della domanda interna con evidenti riflessi sui prezzi al consumo: in luglio sono aumentati di appena l’1,7% su base annua.
Più in generale è tutta l’Europa che sta rallentando: ieri Eurostat ha fatto sapere che la produzione industriale nella Ue a 27 è diminuita, in giugno, dell’1,2% su maggio ed è appena superiore dell’1,7% a quella del giugno 2010 con una caduta del 13,2% in Grecia. Anche al di fuori del vecchio continente ci sono segnali di rallentamento: in Giappone, ad esempio, è stata rivista al ribasso la previsione di crescita del Pil, mentre in Cina la Banca centrale sta adottando una politica monetaria restrittiva per frenare la domanda e l’inflazione salita al 6,5% Di più: Pechino sta manovrando al rialzo lo yuan per far costare meno le importazioni, ma questo sostituirà , al tempo stesso, un freno all’export e quindi alla crescita – ancora mostruosa – del Pil.
Infine gli Stati uniti: a un paio di ore dalla chiusura delle contrattazioni, tuttti gli indici registravano recuperi (il migliore il Dow Jones con un +1,5%) anche se meno vistosi di quelli delle borse europee. Anche negli Usa preoccupa, però l’andamento dell’economia reale. Vista la debolezza rilevata dai recenti dati macroeconomici, «sono aumentate le possibilità  di una ricaduta in recessione». Lo ha dichiarato William Dudley, presidente della Fed di New York e vicepresidente del Fomc, il comitato monetario che decide le strategie della Fed sul tassi. Dudley, ha poi aggiunto che se le tensioni dei mercati finanziari si attenueranno a breve, l’impatto economico sarà  modesto. In questo momento tuttavia gli americani sembrano avere la fiducia sotto le suole delle scarpe: l’indice misurato dall’Università  del Michigan è crollata in agosto a 54,9 punti da 63,7 in luglio. Il dato è nettamente peggiore delle attese degli analisti e rappresenta il punto più basso nella storia dell’indice. Cioè dal 1966. -6,9%


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