Vivere di punti premio così il popolo dei bollini risparmia sulla spesa

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ROMA – Ritagliano, si informano, scambiano punti, bollini e segreti sui siti specializzati. E quando arrivano al traguardo scelgono il premio, meglio uno sconto in denaro, per poi ricominciare subito. Il couponing, l’arte di raccogliere sconti, premi e offerte speciali, dilaga anche in Italia: negli Stati Uniti lo usa il 78 per cento dei consumatori, in Italia si arriva fino all’80 per cento tra fa abitualmente la spesa all’ipermercato, mentre scende al 65 per cento sul totale degli acquisti alimentari e per la casa. Per esercitarla, servono un paio di forbici affilate, un’attitudine all’ordine e un’attenzione quotidiana alle testate locali, ai volantini pubblicitari e ai tabelloni. Oltre che di risparmio, si tratta di piacere, un piacere domestico e spesso solitario e femminile, l’ebbrezza di ottenere gratis ciò che si dovrebbe pagare, di farsi o farsi fare un regalo. «Ho scoperto che se uso delle buste trasparenti per le tessere riesco a vedere a occhio a che punto sono arrivata», confida orgogliosa Mariangela P. ai suoi compagni di sito e di mania su www.raccolte-punti.com. E Lodovica da Pesaro le risponde: «Brava! Sto cercando disperatamente dieci punti della raccolta Mulino Bianco “piaceri di pane”, è urgente, puoi aiutarmi?».
Il piacere di collezionare, accumulare, convertire in oggetti introvabili altrove – come le mitiche ciotoline a due manici col fiore blu che ancora oggi ospitano la saponetta nei bagni degli italiani – è vecchio come il marketing, e aziende come Liebig o Buitoni lo proposero ai clienti quasi un secolo fa. Ma è soltanto ora, ai tempi della crisi globale e delle strategie di consumo consapevole, che il couponing è diventato un’arte, o meglio uno sport, con le sue competizioni e i suoi record. «Le pentole – spiega Giuseppe Parolini, vicedirettore generale di Crai – sono sempre in testa alla classifica dei premi scelti nel nostro catalogo. Ma oltre un terzo dei clienti, ormai, preferisce convertire in sconti i suoi bollini. Cinque anni fa erano soltanto il 2 per cento, un dato che fa riflettere. Quanto al 3 per 2, un altro classico dell’offerta speciale all’italiana, ormai non piace più: nelle nostre case non c’è spazio per conservare troppe provviste in cucina, la gente preferisce comprare ciò che consumerà  nella settimana». Trasformare il frutto delle proprie metodiche raccolte in valore concreto, economico o materiale, è, del resto, anche il consiglio delle associazioni di consumatori: «È giusto esaminare con attenzione le offerte speciali della catena dove si fa abitualmente la propria spesa – dice Marco Donzelli, uno dei presidenti di Codacons – ma bisogna restare vigili: accanto ai prodotti-civetta venduti sottocosto ci sono quelli finiti sul volantino grazie all’accordo tra produttore e rivenditore. Regali e premi? Vanno benissimo se non ci spingono a consumare di più, ad affrettarci a spendere per arrivare al monte-punti richiesto. Se un premio è degno di questo nome non bisognerebbe integrare i punti raccolti con denaro, come invece accade spesso: in questo modo si risparmia comunque fino al 30 per cento, ma non si tratta più di qualcosa di gratuito, bensì di un acquisto mascherato». È vero. Ma è vero anche che l’insostenibile leggerezza dello sconto attira eserciti crescenti, fino a trasformarsi in movimento: come definire altrimenti fenomeni online come Groupon, che ogni giorno propone via mail ai suoi abbonati prodotti e servizi mirati, città  per città , fino al 70 per cento di riduzione? Un clic, una stampata, e via a comprare qualcosa che (nel 55 per cento dei casi) non avremmo scelto, e che nel 37 per cento, invece, intendiamo riprovare. Chiamatela, se volete, persuasione.


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 IO SONO venuto al mondo perché mio padre e mia madre avevano una prospettiva di vita abbastanza stabile da potersi permettere un figlio. Erano gli anni Sessanta. Si ragionava in questi termini allora. Mio padre aveva esperienza di carpentiere, ed era scolarizzato. Mia madre era stata in continente, aveva studiato da puericultrice. Abitavano in Sardegna quando abitare in Sardegna significava vivere altrove, ma non se ne accorgevano. Abitavano a Nuoro, in una città che era ancora un paesone, e che confinava armonicamente con la campagna.

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