Falò globale delle borse, Milano -6,6

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Il giorno del precipizio questa volta comincia da Parigi, investendo tutte le principali borse legate all’euro, da Milano a Francoforte a Madrid. Bruciati complessivamente 172 miliardi di euro, perché, speculazione e voci di declassamento francese a parte, in discussione sono i dati dell’economia reale e il futuro incerto della divisa europea. Dall’altra parte dell’Atlantico, Wall Street perdeva intorno al 2% a trequarti di seduta, dopo la grande ubriacatura dell’ultima mezzora di martedì sera seguita all’annuncio della Fed di inchiodare i tassi di interesse per due anni e nonostante ieri mattina le borse asiatiche avessero chiuso in positivo.
Volatilità , gente che vende e basta, paura: sullo sfondo, o meglio in primo piano, l’ombra della recessione, politiche restrittive, governi in bilico come quelli italiano e francese tra manovre da aggiustare e popolarità  in calo.
Piazzaffari ha chiuso con un crollo, -6,6%, con i titoli bancari andati sempre più giù con cali a due cifre, tanto che a fine seduta la capitalizzazione dell’insieme dei nostri istituti era minore della prima banca inglese. In una giornata nera per tutti – sono stati bruciati 22,2 miliardi – vendite a raffica anche per i titoli industriali, con la Fiat in prima linea (-8,2%). Per la Consob, la speculazione c’entra poco, essendo state «modeste» le vendite allo scoperto. Insomma, nessuno compra, anche se in compenso l’oro ha toccato il suo record quotidiano, superando per la prima volta i 1800 dollari l’oncia, per poi attestarsi a 1801. Anche lo spread tra Btp e Bund tedeschi ha risalito la china, nonostante gli acquisti della Bce sui titoli decennali nostri e spagnoli per il terzo giorno consecutivo, fermandosi a 291 punti base (286 per i Bonos di Madrid).
Eppure, il cielo sopra la borsa al mattino sembrava azzurro: positive le borse asiatiche (+1,05% Tokyo), bene l’avvio a Piazzaffari, bene la prevista collocazione di Bot. Ma nuvole nere arrivavano dalla Francia, finita nel mirino della speculazione dopo il declassamento del debito statunitense da parte di Standard & Poor’s di sabato scorso. Rumors pesanti: toccherebbe ora a Parigi perdere la tripla A, perché i suoi fondamentali sono i più deboli tra i paesi AAA del club europeo.
Chiacchiere, a fronte della smentita prima del governo e poi delle stesse agenzie S&P, Moody’s e Fitch, che mantengono anche l’outlook stabile (mentre quello americano era stato virato in negativo). Nonostante l’anticipo della correzione della manovra 2012 annunciata dal governo francese, la borsa di Parigi comincia a perdere (chiuderà  a -5,45%, dietro soltanto a Milano), mentre si allarga anche per i titoli francesi lo spread con quelli tedeschi (si fermerà  a 88 punti base per i decennali e a ben 171 per i cds a cinque anni, tanti e con una tendenza a crescere ormai da più di una settimana). Le banche traballano sull’epicentro del sisma borsistico: le azioni di Société Générale, la seconda più grande banca francese, arrivano a perdere oltre il 20 per cento (dopo voci infondate su un presunta crisi di liquidità ), quelle di Credit Agricole oltre il 15 per cento, sempre giù a due cifre quelle di BNP Paribas. A influenzare negativamente l’andamento borsistico è anche un dato proveniente dall’economia reale: la produzione industriale in Francia è diminuita a giugno dell’1,6% rispetto a maggio, mese in cui era invece cresciuta dell’1,9%, anche se su base annua – dice l’istituto di statistica Insee – la produzione è invece aumentata del 2,3%.
Francoforte perde il 5,13%, Londra limita le perdite a -3%, mentre gli occhi tornano sul listino di Wall Street. La seduta corre in negativo per quasi tutta la giornata, perché a New York rimbalzano tutte le paure di un’Europa indebitata al tracollo, con la Francia ballerina di can can sull’orlo del baratro dell’euro. In serata un recupero, anche sull’onda della notizia del calo del deficit federale americano in luglio. In base ai dati diffusi dal Tesoro, lo scorso mese il deficit si è attestato a 129,4 miliardi di dollari, ovvero il 22% in meno rispetto ai 165 miliardi di dollari dello stesso periodo dell’anno precedente. Nei primi dieci mesi dell’anno fiscale in corso il deficit ha già  toccato i 1.100 miliardi di dollari. E a borsa chiusa, alle 22 ora italiana (troppo tardi per i nostri tempi di stampa per poterne riferire) era previsto un incontro fra il presidente Barack Obama e il capo della Federal Reserve, Ben Bernanke, alla presenza del segretario al Tesoro Timothy Geithner e del direttore del consiglio degli advisor economici Gene Sperling. Oggi si ricomincia.


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