La Farnesina ci scrive: «pieno impegno»
La denuncia della sparizione era stata data dal professor Fadel Alì Mohammed, Chairman delle Antichità della Libia (DoA), lo scorso 2 luglio in occasione di un convegno internazionale promosso dalla Seconda università di Napoli su «L’eredità culturale in Libia. Dialogo tra le istituzioni». Durante il convegno il professor Fadel Alì aveva sollecitato l’intervento del ministro Frattini e del ministero dei beni culturali italiano.
La Farnesina ha risposto aprendo il suo archivio storico, da lungo tempo chiuso, ai membri della missione archeologica italiana a Cirene, consentendo loro l’accesso a fonti e documentazioni ufficiali. Secondo ambienti della missione il ministero ha voluto mandare un segnale dopo che il grido d’allarme lanciato anche dall’Unesco ha conferito al caso una dimensione internazionale.
L’interesse però non basta, perchè il tesoro è comunque scomparso. Sarebbe necessario attivarsi concretamente. L’ufficio stampa della Farnesina, in una nota inviata a il manifesto, ha dichiarato che «l’edificio dove si trovava il tesoro di Bengasi è devastato e bruciato, ma il governo italiano ha promesso alle autorità del Cnt di Bengasi la piena collaborazione». Ha parlato in particolare di «indagini in corso con il nucleo dei carabinieri specializzato in recupero di opere d’arte, necessarie per stabilire cosa sia effettivamente successo e eventualmente scoprire dove possa essere stato trafugato il tesoro» (allora, ci sono anche i carabinieri a Bengasi?). Ha sottolineato che «si tratta comunque di una vicenda complessa visto il contesto locale e le modalità della scomparsa».
Indubbiamente il conflitto in corso fra gli insorti di Bengasi e le forze leali al colonnello Muammar Gheddafi non aiuta le ricerche. Il comunicato stampa del ministero è un primo passo. La speranza è che si tenga viva l’attenzione sulla questione, informando e consultando chi sa dove andare a cercare, come Abdulamid Abdussaid, memoria storica degli scavi di Cirene.
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