Germania, conto salato per l’addio al nucleare la E.on deve tagliare 11mila dipendenti

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MILANO – L’onda lunga dell’incidente nucleare di Fukushima colpisce i colossi tedeschi dell’energia. Nel volgere di poche ore, sia E.on, il numero uno del settore paragonabile alla nostra Enel, sia Rwe (nata dalla fusione delle principali utility locali) hanno annunciato un clamoroso calo di margini e utili nel primo semestre dell’anno. Di più: E.on ha addirittura annunciato un taglio di 11mila dipendenti, il 13% della forza lavoro dell’intero gruppo.
Tutta colpa delle decisione del governo guidato dal cancelliere Angela Merkel che in scia al pensiero prevalente nell’opinione pubblica tedesca, ha annunciato alla fine della primavera scorsa l’uscita dal nucleare e il progressivo spegnimento delle sue centrali (di cui sette sono già  state fermate). Una decisione che ha subito avuto contraccolpi nei bilanci delle due principali utility della Germania, proprietarie dei 17 impianti nucleari del paese che coprono oltre il 25% del fabbisogno energetico.
In particolare, è stata E.on la più colpita, avendo visto l’utile netto crollare del 71%, sceso a “soli” 948 milioni di euro, quando soltanto un anno fa il semestre si era chiuso con un guadagno di oltre 4 miliardi. A pesare sui conti è stato soprattutto l’andamento del terzo trimestre, chiuso in rosso per 382 milioni. Ma il calo nei conti è pesante anche per la rivale Rwe, i cui profitti hanno perduto nel giro di un anno il 39,3%, da oltre 6 miliardi a poco più di 4 miliardi e mezzo.
Ma è solo la chiusura anticipata degli impianti più obsoleti non è la sola grana cui deve far fronte E.on. Così come accade alla maggioranza delle società  dell’Europa occidentale, sia E.on che Rwe soffrono per gli accordi a lungo termine che hanno sottoscritto nell’approvvigionamento del gas. In particolare, i contratti (cosiddetti take or pay, perché paghi il metano anche se non lo ritiri) sottoscritti con i russi di Gazprom. Contratti in corso di rinegoziazione: ma le trattativa non hanno fatto passi avanti, tanto che E.on ha annunciato di aver fatto ricorso a un arbitrato internazionale.
In questa situazione, le utility tedesche sono corse ai ripari. In due direzioni. la prima è il cambio di rotta negli investimenti, che ora riguarderanno per la maggior parte il campo delle rinnovabili. Dall’altra, i vertici delle due società  hanno annunciato tagli consistenti per i prossimi anni. E.On ha annunciato risparmi per almeno 1,5 miliardi entro il 2015, passando per una «semplificazione strutturale del gruppo». Un formula dietro cui si nasconde il taglio del personale compreso tra 9mila e 11mila persone.
Del resto, le difficoltà  delle grandi utility sono evidenti a tutti i livelli. È anche il caso di Suez-Gaz de France, la seconda società  dell’energia al mondo dopo i russi di Gazprom. Nonostante l’aumento dei margini dell’8% ha visto i suoi utili calare nel semestre del 23% a 3,56 miliardi. E per calare ulteriormente dai 40 miliardi di debito netto, ha annunciato che è intenzionata a vendere il 30% della sua divisione Esplorazione & produzione ai cinesi di Cic, il fondo sovrano più grande del mondo, per 2,3 miliardi.


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