Sempre più imprese scelgono di delocalizzare Risalgono i profitti, scende l’occupazione

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Per le imprese italiane, soprattutto nel settore manifatturiero, il 2010 è stato positivo (con un trend di recupero confermato nei primi sei mesi di quest’anno) e margini in miglioramento, anche se ancora distanti dai livelli pre-crisi. Lo rivela l’indagine dell’Ufficio Studi Mediobanca sui «Dati cumulativi di 2.030 società  italiane» che occupano 1,212 milioni di lavoratori, rappresentano il 50% del fatturato dell’industria, il 68% di quello dei servizi pubblici, il 31% dei trasporti e il 24% della distribuzione al dettaglio. La ripresa, però, procede a fronte di un continuo calo occupazionale, di investimenti al palo e con strutture produttive più leggere a causa della continua delocalizzazione all’estero. Come osserva Mediobanca, «le variazioni confermano la tendenza dei gruppi italiani a privilegiare le produzione estere, sovente realizzate in impianti ubicati in paesi a basso costo del lavoro, quando i beni sono destinati ai mecati emergenti». Insomma , anche la delocalizzazione è a scraso contenuto tecnologico.
Complessivamente nel 2010 c’è stata una crescita del fatturato dell’8,2% rispetto al 2009, quando la caduta era stata del 16,2%. Il dinamismo del fatturato all’export è stato circa il doppio di quello della componente domestica (12,6% contro 6,5%) ma anche in questo caso il 2009 aveva mostrato una crisi più profonda: -19,1% l’export e un -15% per le vendite nazionali. Per il terzo anno consecutivo, l’occupazione è diminuita (-1,9% nel 2010), anche se in misura inferiore al 2009 (-2,8%), mentre negli anni precedenti si era mossa in modo marginalmente positivo (+0,1% nel 2006, +0,2% nel 2007 e -0,6% nel 2008). Il saldo nel quinquennio resta, comunque, negativo.
La ripresa commerciale del 2010 non ha cancellato il gap apertosi rispetto al 2007, prima della crisi, ma la chiusura potrebbe completarsi nel 2011. L’insieme delle 2.030 società  restava, infatti, a fine 2010 per circa il 4% sotto il livello di vendite del 2007 e il mancato recupero è da attribuirsi quasi integralmente alle società  private (-6,7%) che hanno annullato i buoni incrementi di quelle pubblici (+6,3%). Rispetto al 2007, le cose sono andate peggio sul mercato domestico (-4,6%) che su quello all’export (+2%) dove spiccano l’andamento particolarmente positivo del comparto industriale pubblico (+34,7%). A livello settoriale, l’insieme delle attività  alimentari segna vistosi progressi rispetto al 2007 soprattutto nella componente estera. Positiva anche l’evoluzione delle imprese di costruzione (+9,2%), anche qui grazie all’esplosione della componente estera (+39,5%), dal farmaceutico-cosmetico (+7,6%). L’indagine conferma che sono i margini di conto economico a segnare la distanza più marcata dai livelli pre-crisi. Il 2011 porterà  forse un buon recupero, ma un azzeramento appare improbabile.
L’utile netto dell’aggregato segna un notevole progresso nel 2010 (+64,2%), ma resta del 12% inferiore rispetto al massimo del 2007. Il recupero è venuto solo per una parte minoritaria, circa un quinto, da maggiori margini operativi, e sprattutto per il contributo determinante dei proventi finanziari netti, per circa sei decimi del maggiore utile, e dai proventi netti non ricorrenti (per circa il 25%).
Il saldo finanziario ha tratto vantaggio dalla riduzione dei tassi che ha moderato gli interessi passivi sul debito (mediamente dal 5,9% al 5,5%) e dal forte afflusso di dividendi (+47% sul 2009) provenienti soprattutto dalle consociate estere delle società  energetiche (57% del totale) e in misura inferiore dalle manifatturiere (24%) e terziarie (19%). Dall’indagine emerge che dal 2001 le imprese italiane hanno perso 7,3 punti percentuali in competitività  e nei soli ultimi tre anni la perdita è stata anche superiore, toccando i 9,7 punti percentuali. Dal 2001 la perdita di competitività  è avvenuta malgrado la contestuale riduzione del numero dei dipendenti (-9,4%). Prendendo in esame il solo 2010, Mediobanca sottolinea come la produttività  del lavoro sia cresciuta dell’8,9% per effetto della ripresa delle vendite e della produzione, ma resta comunque del 7,7% inferiore al livello del 2007. Dal 2001, il valore dei beni prodotti da ciascun addetto è cresciuto del 21,3%, sostenuto da guadagni di produttività  (+7,8%) e da vantaggi di prezzo legati al contenuto qualitativo dei beni (+12,6%), ma la dinamica salariale è stata più aggressiva, cumulando un aumento del 28,6%.


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