Le donne che sfidano Assad

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 DAMASCO.Dove sono le donne nel movimento di protesta che scuote la Siria da cinque mesi? Le immagini delle manifestazioni che giungono attraverso filmati degli attivisti su internet mostrano cortei di protesta che partono dalle moschee principalmente il venerdì dopo la preghiera e sono composti da uomini, in maggioranza giovani. «Ma dietro le quinte, le donne stanno partecipando» afferma Layla, 25 anni, canottiera scollata e inglese fluente, attivista di Deir al Zoor che vive a Damasco. «Io partecipo alle proteste in vario modo. Ho cercato di andare alle manifestazioni, ma non porto il velo come la maggior parte delle donne e non essendo del luogo creo sospetti. Partecipo raccogliendo e diffondendo informazioni attraverso media e social network, parlando con le persone e stimolando la riflessione, portando il mio punto di vista di donna giovane laica. Come donna è più facile muoversi, si destano meno sospetti nelle forze di sicurezza».

Come dice Leyla, è facile incontrare a Damasco ragazze e donne emancipate dalla parte della rivoluzione. Rana, 23 anni, studentessa di belle arti, è alawuita, dunque della setta del presidente Bashar Al Assad. «Cinque mesi fa, come molti in Siria, credevo alla versione ufficiale della cospirazione internazionale. Ma poiché voglio sempre farmi un’opinione diretta degli eventi, ho iniziato ad andare in giro, ho visto la polizia uccidere e usare violenza contro il popolo e ho deciso di partecipare. Quando parlo con i miei vecchi amici alwauiti e cristiani, sostenitori del regime e con il terrore che gli islamisti prendano il potere in Siria se cade il regime, non gli chiedo di passare dalla mia parte ma almeno di ragionare con la propria testa e di non credere ciecamente a Duonia (TV satellitare pro-governativa)».
«Le donne non partecipano alle manifestazioni innanzitutto perché sono pericolose, si rischia di essere uccisi o di essere arrestati», continua Rana «Ci sono state delle manifestazioni di sole donne, ad esempio a Banyas dove hanno tentato di bloccare l’avanzata dei carri armati. L’esercito ha sparato e ne ha uccise tre. Manifestazioni di sole donne si sono tenute anche nel cuore “liberale” e commerciale della capitale, come un corteo di 200 donne a Shalan contro l’assedio di Daraa ad aprile, subito disperso dalle forza di sicurezza e decine di donne arrestate. Perché le donne che decidono di essere attive sanno che possono andare incontro alla prigione, non saranno risparmiate, anche se potranno subire un trattamento meno brutale degl uomini».
Ma nelle città  dove si sono tenute manifestazioni di massa sicure poiché le forze di sicurezza erano state allontanate, come Hama e Deir Az Zoor, si vedono spezzoni di donne che marciano e urlano con più vigore degli uomini. La maggior parte porta il velo, che alle volte può essere utile. Come Ghada, di Deir Az Zoor, energetica moglie di Ghassan, un dentista coordinatore delle proteste locali, e madre di due adolescenti che filmano e diffondono video delle manifestazioni. «Tutta la mia famiglia, anche mia figlia di 7 anni, sta partecipando. Prima i bambini giocavano a guardie e ladri, ora a soldati e manifestanti. Sono preoccupata, ma anche orgogliosa che i miei figli e mio marito siano in prima fila». Ghada di solito non porta il velo ma per scendere in strada a manifestare indossa, e ci fa indossare, il niqab, il velo integrale. «Così è più sicuro, e si può urlare libertà  lo stesso». «Durante le manifestazioni le donne offrono acqua e cibo dalle case e ci incitano», racconta Wasim di Homs.
Se le donne non visibili sono la regola, diverse donne sono emerse come leader del movimento di opposizione. Come Suhair Atassi, famiglia di antica tradizione politica damascena, dissidente e attivista per i diritti umani di lungo corso. È stata arrestata il 16 marzo durante una delle prime manifestazioni a Damasco, rilasciata ma di nuovo ricercata, ora opera in clandestinità  in Siria e la sua voce è molto ascoltata. Mai Skaf, attrice e scrittrice, animatrice ad aprile di una petizione indirizzata ad artisti ed intellettuali per aiuto umanitario a Daraa sotto assedio conosciuta come la «petizione del latte». Mai è stata anche tra gli animatori della prima manifestazione di artisti e intellettuali nella capitale, dove è stata arrestata.
Rilasciata dopo qualche giorno, ha partecipato ai funerali di un manifestante ucciso dalla polizia a Qaboun ed è stata acclamata dalla folla, quasi tutti uomini e sunniti, lei cristiana e donna. Gruppi come «le donne della rivoluzione siriana» sono attivi su Facebook e organizzano iniziative sul terreno. «In questo momento stiamo lottando per qualcosa di fondamentale, la libertà . Considero scontato che in una nuova Siria ci saranno maggiori diritti per le donne. Anche per influenzare questo percorso è importante partecipare a questo movimento» dice Rana.
«Io voglio cambiare le leggi ingiuste che discriminano le donne, come quella sulla cittadinanza (che può essere trasmessa solo dagli uomini), sul diritto d’onore che non viene punito, sull’eredità  a cui le donne non hanno accesso, e vorrei che le donne abbiano uguali diritti e rappresentanza in futuro. Ma in questo momento è importante concentrare tutte le forze per fa cadere questo regime» conclude Leyla.


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